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Ciclocomputer, otto modelli per pedalare smart

È sempre più una consuetudine vedere installato sul manubrio di una bicicletta un ciclocomputer. E non si parla ormai più dei semplici dispositivi in grado di indicare solo i dati di movimento, dalla velocità e i chilometri percorsi letti grazie a un sensore magentico sulla ruota anteriore. Oggi, dal grande appassionato al semplice escursionista del fine settimana, si punta ad avere il controllo totale anche sul percorso e il contesto.

Se nei casi più semplici piò anche essere sufficiente un adattatore per utilizzare il proprio smartphone, sempre più spesso l’attenzione va in direzione di veri e propri ciclocomputer, di dimensioni ormai quasi simili ma soprattutto più adatti alla situazione specifica. Con tutte le possibili funzioni a supporto e progettati per resistere a sollecitazioni e intemperie a un livello superiore.

Come dimostra l’allargarsi dell’offerta, un mercato in netta crescita negli ultimi anni. Ne risentono in positivo di conseguenza anche la varietà dei modelli di ciclocomputer a disposizione e almeno in parte il prezzo. Anche se numeri comunque inferiori rispetto agli smartwatch impediscono al momento di assistere a una vera e propria sfida estesa al prezzo, le prime soluzioni abbordabili anche per i ciclisti occasionali non mancano.

Garmin, dove lo sport è di casa

Uno dei settori nei quali Garmin dimostra da tempo un’attenzione dedicata. Probabilmente, il primo subito dopo il più variegato mondo di smartwatch e sportwatch. I ciclocomputer in catalogo sono diversi, per ogni esigenza di attività, gusti e in parte anche nel prezzo. L’attenzione al dettaglio e la ricerca di funzionalità intesa anche come massima praticità determina inevitabilmente prezzi superiori alla media. Nel caso dell’Edge 1030 Plus, il modello più completo, si parla di 699,99 euro.

In cambio, un dispositivo con display da quasi 9 cm di diagonale (3,5”), per una risoluzione di 282×470 pixel. Al servizio tanto del professionista alla ricerca di più dati possibili sulla situazione fisica e ambientale istantanea, quanto dell’escursionista con tutti i dettagli del caso durante la navigazione.

In particolare, la funzione ClimbPro con le informazioni su distanza, pendenza, ritmo e altro ancora lungo una salita, oppure indicazioni dettagliate sugli allenamenti, avvisi di alimentazione e idratazione, misurazioni fisiologiche e le dinamiche di MTB.

Fondamentale, e ormai da considerar praticamente per scontata, la presenza di mappe integrate, per essere più indipendenti possibile dallo smartphone, e relativa batteria, se non per la sincronizzazione. Di conseguenza, indicazioni svolta per svolta, su strada e fuori strada, creazione percorsi da dispositivo, ricalcolo fuori rotta e modalità di ritorno al punto di partenza. Tutti aspetti fortemente legati anche alla precisione e affidabilità del tracciamento satellitare. Nel caso, GPS, Glonass e Galileo da scegliere in coppia.

In più, altre funzioni per la sicurezza o la comunicazione di gruppo durante un’attività. Per Garmin, LiveTrack copre la  messaggistica al gruppo, mentre GroupTrack il rilevamento degli incidenti e l’invio automatico di un SMS si soccorso.

Per continuità rispetto agli smartphone, il display touch è sempre più diffuso, anche se meno ricercato. In condizioni ambientali difficili infatti, poter contare sui tradizionali e al tempo stesso affidabili pulsanti può essere più pratico

Come ogni dispositivo elettronico, l’autonomia è fondamentale. Le 24 ore promesse dall’Edge 1030 Plus sono da considerare un buon risultato. Si tratta infatti di dispositivi dedicati, quindi da intendersi come tempo di utilizzo effettivo.

Garmin però, ha voluto spingersi oltre il semplice ciclocomputer. L’idea è infatti quella di sfruttarlo per creare una sorta di ecosistema. Oltre alle immancabili app, date per scontate e quasi sempre in evidente difficoltà rispetto a quelle indipendenti guidate da Strava, i produttori si sono infatti accorti dell’interesse per una serie di accessori coordinati.

Per i più professionali, si parla di sensori di cadenza per misurare la potenza o fasce cardio più precise di un eventuale abbinamento con lo smartwatch. Più in generale, si sente parlare sempre più spesso anche di luci smart, in grado cioè di variare frequenza visiva e luminosità in base a distanze con altri veicoli, condizioni luminose o semplicemente secondo impostazioni manuali.

La volata Wahoo è già lanciata

Nonostante le apparenze, si tratta di un settore molto attento, con numeri comunque contenuti rispetto a smartwatch e simili. Di conseguenza, non è facile intaccare una posizione consolidata da anni, come dimostrano diverse esperienze oggi praticamente dimenticate.

Tuttavia, la dinamicità del settore tiene alto l’interesse e le alternative non mancano. Tra le più interessanti per come si è mossa negli ultimi tempi, l’emergente Wahoo.

L’idea è individuare gli spazi di manovra utili a proporre dispostivi a un prezzo più abbordabile, anche se non più di tanto, con meno rinunce possibili. Una sfida attualmente affidata a Elemnt Roam, proposto a 349,99 euro.

Nel rapido percorso di crescita Whaoo, il primo ciclocomputer con schermo a colori, in grado quindi reggere un reale confronto con i rivali, a partire naturalmente da Garmin.

Protetto da un display Gorilla Glass, il sistema leggermente più piccolo misura 2,7″. Un sensore di luce ambientale effettua la regolazione automatica della retroilluminazione e dell’intensità dei LED in base alle condizioni di luce interne ed esterne.

L’idea Wahoo è conquistare gli appassionati delle due ruote partendo dai professionisti. Oltre a concorrere per le partnership utili a ottenere visibilità, sono diverse le funzioni dedicate. Per esempio, seguire un programma di allenamento, eseguire sessioni strutturate e inviare in automatico i dati alle app, anche esterne. Sia all’aperto ma anche negli allenamenti indoor. Aspetti importanti per seguire attività di strada o dialogare con tecnici e allenatori.

In particolare, originali due serie di LED personalizzabili sulla parte superiore e inferiore di Elemnt Roam per avere sotto controllo il rispetto delle metriche prestazionali, oppure quale ulteriore aiuto per seguire le indicazioni di navigazione.

Perché nonostante questo, l’uso è pensato anche per i semplici cicloturisti. Quindi, mappe integrate di tutto il mondo, e una serie di accorgimenti per tracciare, seguire o recuperare percorsi.

In tema di sicurezza, è possibile abbinare il radar Retrovisore ANT+, così da conoscere per tempo la prossimità dei veicoli in avvicinamento da dietro sia su schermo sia sfruttando i LED. Interessante inoltre, gli avvisi del rilevatore di collisioni in combinazione con l’app Specialized ANGi. Se grazie ai sensori questa rileva una potenziale collisione, sul display apparirà il timer del conto alla rovescia per capire se il ciclista sia rimasto immobile.

Bryton pronta a uscire dalla scia

Sullo stesso livello, praticamente in tutti i sensi, si collocano le ambizioni Bryton. Il modello più completo, può essere considerato il Rider 860, con display a colori da2,8”. Nella versione base, senza i sensori di cadenza e velocità, permette di abbassare il prezzo a 299,99 euro. Destinati altrimenti a salire fino a  369,95 euro.

In cambio, praticamente tutta la rassegna di funzioni di base. Senza particolari spunti di innovazione, ma comunque assolvendo in pieno al compito di unciclo computer. A partire dalla navigazione, con mappe globali precaricate, e il supporto completo sul campo. Dalle semplici indicazioni per seguire una traccia impostata prima di partire, alla ricerca di un percorso consigliato nei dintorni, al ritorno su una rotta battuta fino al rientro più veloce al punto di partenza.

Per i più esigenti, l’integrazione con TrainingPeaks, una delle app più diffuse tra gli appassionati, per pianificare allenamenti dall’app, caricarli su Rider 860 e attivarli direttamente sul dispositivo. Inoltre supporto diretto per registrare i dati dei più moderni cambi elettronici.

L’origine asiatica rispetto alla progettazione in USA dei diretti rivali emerge da una maggiore semplicità nelle linee come nell’app. Più limitata appare anche la ricerca di funzionalità non ancora consolidate sul mercato.

Lo spazio di personalizzazione tuttavia non manca. Confermata anche in questo caso infatti, l’opzione diffusa di modificare le schermate a proprio piacere scegliendo tra una varietà di dati disponibili, da combinare anche in base alla dimensione degli spazi utilizzati.

L’autonomia dichiarata è di 16 ore di registrazione, in linea comunque con un fine settimana intenso, mentre il Paese di provenienza induce anche ad estendere i sistemi di localizzazione tra cui scegliere a cinque aggiungendo Beidou e QZSS a GPS, Glonass e Galileo.

IGPSport insegna come risparmiare con il ciclocomputer

Per ridurre il prezzo on misura più marcata, come prevedibile è necessario mettere in preventivo qualche compromesso. In genere, si tratta prima di tutto di abbassare le dimensioni del display. Per arrivare a circa 190 euro nel modello iGS620, IGPSport offre  un visore da 2,2”. Comunque sufficiente per la maggior parte delle condizioni d’uso, sia in attività sportiva sia per la navigazione.

Resta però un legame più forte con lo smartphone. I 4 GB di memoria interna, anche un quarto rispetto ai rivali, significa tra l’altro dover scaricare le mappe prima di ogni escursione. Resta invece praticamente invariata la quantità di metriche disponibili per buona parte dei potenziali utenti.

Così come la possibilità di combinare le varie schermate a piacere. Naturalmente, al crescere della densità è necessario mettere in preventivo una maggiore difficoltà nel leggere i valori. Soprattutto in condizioni di illuminazione precarie.

In compenso, se qualche decina di grammi in meno, grazie anche alle dimensioni ridotte, difficilmente si riveleranno fattore decisivo, la semplicità va a vantaggio dell’autonomia, dichiarata fino al massimo di 22 ore di registrazione, scegliendo tra i tre sistemi GPS, Beidou e Glonass.

Mio non si arrende

Per un certo periodo, tra i pionieri e primi protagonisti del settore ciclocomputer anche Mio ha giocato un ruolo importante. Negli ultimi anni, i favori hanno accusato qualche colpo e questo ha prodotto tra l’altro ad abbassare l’attenzione verso il rinnovo della gamma ciclocomputer e della relativa assistenza.

Pur essendo passati da canali locali in Italia a una gestione europea, qualche modello interessante non manca ancora oggi. In particolare il Mio Cyclo 605. Non tanto per il prezzo intorno ai 350 euro, ormai penalizzante verso i rivali più blasonati. Quanto invece per qualche caratteristica comunque interessante.

Il sistema è infatti tra i più grandi in commercio, con un display a colori da 4” e una risoluzione di 360×600 pixel. In pratica, a scapito naturalmente di un ingombro maggiore, significa anche informazioni più dettagliate e facili da leggere anche nelle situazioni più critiche.

Un’altra funzione supportata molto apprezzata dai più appassionati è l’integrazione diretta con i segmenti Strava, non sempre scontata. Durante un tragitto, questa permette di individuare tratti di strada sui quali cimentarsi per migliorare la propria prestazione o per confrontarsi con amici e avventori occasionali.

Inoltre, la sincronizzazione di dati, mappe e percorsi può contare anche sul Wi-Fi oltre al Bluetooth. Questo significa naturalmente ridurre i tempi di trasferimenti di dati impegnativi. Preinstallate, le mappe continentali.

Nonostante le dimensioni in teoria offrano spazio per una batteria con maggiore capacità, l’autonomia paga il prezzo della qualità del display, garantendo 15 ore di registrazione.

Per i ciclisti più impegnati nella preparazione fisica, c’è però un aspetto da tenere in considerazione. A differenza di praticamente tutti gli altri produttori, il prezzo di vendita include nella versione base i sensori per cadenza, frequenza cardiaca e velocità. In genere, per chi li usa, è necessario mettere in preventivo una spesa aggiuntiva di almeno cento euro.

SmartHalo, l’altra visuale del ciclista

Muovendosi dall’uso prevalentemente agonistico, per spostarsi in direzione di un maggiore supporto alla navigazione e alla sicurezza, emerge anche un interessante lavoro di progetti opera di startup. Prodotti per loro natura innovativi, e quindi non necessariamente convenzionali. Per lo stesso motivo però, una volta affrontata e superata la prova del mercato, da prendere in considerazione.

Tra i più interessanti sotto questo profilo, il ciclocomputer secondo SmartHalo, arrivato proprio in questi giorni alla seconda generazione. Si tratta di un prodotto insolito sotto ogni punto di vista, a partire dal concetto.

L’utente di riferimento è soprattutto un cicloturista o il ciclista urbano. Quindi, prima di ogni altra cosa servono indicazioni chiare e supporto alla sicurezza in strada.

Al primo punto SmartHalo risponde con una originale forma rotonda, a circoscrivere un display LED sul quale grafica e colori sono sfruttati per una combinazioni insolita di indicazioni chiare ed effetti speciali.

Una volta disegnato il percorso o impostata la destinazione dall’app, lo schermo fornisce le indicazioni di marcia. Non sfruttando la classica mappa, ma indicando la distanza mancante alla svolta, sfruttando anche una corona luminosa di dimensioni e intensità variabile all’avvicinarsi di un incrocio o di un punto.

Soprattutto nel contesto urbano, la funzione si rivela particolarmente utile nel prepararsi per tempo alle svolte. Inoltre, il sistema è in gado di selezionare percorsi con prevalenza di piste ciclabili dedicate o aggiornarsi per trovare alternative.

Questo non impedisce di tenere traccia anche di tutte le metriche in movimento. Più vicine a quelle indicate da uno smartwatch rispetto al più tradizionale ciclocomputer, ma comunque completa. Forme e dimensioni dello schermo agevolano inoltre la lettura di notifiche e messaggi, spesso relegate in un lato dello display.

La differenza vera e propria però, SmartHalo 2 la insegue sul fronte della sicurezza. Prima di tutto, con una luce anteriore integrata, da regolare manualmente oppure in automatico in base alle condizioni ambientali. In più, aspetto praticamente inedito, funziona anche da antifurto. Grazie al montaggio a manubrio a prova di furto, quando la bicicletta viene sollevata, un allarme acustico da 100 decibel dovrebbe scoraggiare il malintenzionati di turno. Il sistema si attiva e si disattiva in automatico con il campo di copertura del Bluetooth. In alternativa, con l’impronta digitale.

Nell’insieme, il prezzo di 159 dollari diventa probabilmente interessante. Unica nota, i tempi di consegna non sono ancora stati definiti con precisione. Nonostante l’azienda affermi di aver già avviato la fase commerciale, si parla ancora di preordine.

Beeline, la via più semplice

Un versione semplificata di questi principi è lo spunto raccolto da Beeline. Il principio, applicato anche alla moto, è un approccio minimalista al dispositivo montato sul manubrio, visualizzando sul display monocromatico le indicazioni utili al momento.

Il progetto inglese punta infatti sulla chiarezza della comunicazione, senza possibilità di errori o equivoci. La maggior parte dello spazio è sfruttato per indicare la direzione di marcia da prendere. Intorno a questa, una serie di simboli con i numeri ridotti all’essenziale, indicano l’approssimarsi di un bivio, la distanza e la direzione da prendere e la parte di viaggio ancora da coprire.

Dietro l’aspetto prevalentemente orientato alla mobilità, Beeline vuole proporre anche una natura sportiva. Partendo da un prezzo certamente competitivo di 118,95 euro e dal presupposto che ogni ciclista in genere si porta appresso lo smartphone, l’idea è occupare meno spazio possibile sul manubrio, ridurre le indicazioni al’essenziale e non temere per urti, danni accidentali o furti. Ad ulteriore stimolo, la connessione diretta con Strava.

La necessità di funzionare solo in presenza dello smartphone al quale deve restare connesso, d’altra parte ha ripercussioni positive sull’autonomia, ufficialmente superiore alla trenta ore. Inoltre, da non sottovalutare la possibilità di attaccarlo o staccarlo dal manubrio senza l’utilizzo di adattatori dedicati. Quando si utilizzano più biciclette e quelli non inclusi in una dotazione di serie del classico ciclocomputer non sono sufficienti, la spesa aggiuntiva può infatti superare anche i trenta euro.

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