DTT. È tutto chiaro?

Febbraio 2010. Partiamo dalla ricezione dei segnali. Per ricevere la televisione digitale terrestre basta un’antenna “normale”, del tutto simile a quelle già utilizzate per la sintonia dei segnali Tv analogici. L’unica differenza consiste in una maggiore cura da parte dei costruttori nella fabbricazione del trasformatore d’impedenza noto anche come “balun” ovvero quel dispositivo fissato al centro dell’elemento attivo dell’antenna (il dipolo) a cui viene collegato il cavo coassiale (figura 1).

Figura 1. Particolare relativo al trasformatore d’impedenza o “balun” di antenne per la ricezione di segnali digitali.

I traslatori delle antenne dichiarate come “digital ready” sono realizzati per ottenere un perfetto adattamento d’impedenza soprattutto con il cavo coassiale e una buona schermatura per evitare interferenze da e verso l’etere.
Le antenne log periodiche, per costituzione prive di traslatore, nella versione “digital ready” non presentano il classico morsetto stringi-cavo ma montano un connettore coassiale.

Sono disponibili in commercio due categorie di antenne riceventi: da un lato quelle adatte a ricevere un singolo canale o un piccolo gruppo di più emittenti tra loro adiacenti (chiamate comunemente antenne di canale), dall’altro lato quelle per captare  tutti i canali trasmessi all’interno di una intera banda, VHF o UHF (chiamate comunemente antenne a larga banda).

I segnali digitali possono essere danneggiati da disturbi impulsivi a spettro variabile, come quelli generati da elettrodomestici o linee elettriche oppure motori a scoppio, che per loro natura sono capaci di distruggere ampie porzioni di informazione digitale, tanto da mettere in crisi il decoder digitale terrestre.
A scopo preventivo possiamo perciò affermare che con antenne di buona qualità, con cavi coassiali e accessori di distribuzione ben schermati, si possono tenere lontane interferenze dannose per i segnali DTT.

In commercio sono reperibili anche particolari antenne, classificate come “digitali” e dotate di più elementi direttori, che risultano più efficaci in quelle zone dove le riflessioni ambientali sono di entità tale da poter danneggiare il segnale digitale: ad esempio località marine, montane o zone con interferenze marcate da altri segnali provenienti da direzioni più angolate rispetto a quella da cui giungono i segnali principali.

L’impianto, distinzioni fondamentali
Possiamo distinguere due distinte tipologie di impianto Tv: individuale e collettivo.
Consideriamo impianto individuale quella configurazione in cui l’antenna ricevente fornisce i segnali televisivi a uno o più televisori collocati nella stessa unità abitativa.
Nell’impianto collettivo, invece, una o più antenne sono collegate ad un centralino Tv da cui parte la rete di distribuzione che, con diverse possibili configurazioni e ramificazioni, alimenta le prese Tv collocate nelle singole unità abitative.

L’impianto individuale, pur essendo la soluzione tipica per i piccoli edifici mono-familiari, è diffuso anche in vecchi edifici condominiali dove non è mai stato installato un impianto centralizzato. L’impianto collettivo è quello oggi presente nella maggioranza dei condomini e può essere molto esteso, al punto da riunire più edifici o interi quartieri.

L’impianto individuale (figura 2) è normalmente composto da una o più antenne scelte secondo le bande o le direzioni di provenienza dei segnali, da un amplificatore (se i televisori collegati sono più di uno o se il segnale ricevuto è, entro certi limiti, scarso di potenza), dai cavi coassiali di collegamento e dalle prese Tv.

Figura 2. Impianto individuale:
a) per un solo televisore,
b) per due o più televisori.

L’amplificatore è necessario quando l’intensità del segnale disponibile in antenna non è tale da sopportare le perdite di distribuzione introdotte dal cavo coassiale e dagli eventuali divisori o ripartitori di segnale. In alcuni casi l’amplificatore, oltre a compensare le perdite di distribuzione, può amplificare moderatamente il segnale in arrivo qualora fosse scarso.

Ci sono casi in cui l’impiego dell’amplificatore è deleterio in quanto oltre a non introdurre effettivi miglioramenti di qualità, tende anche a generare disturbi e interferenze su uno o più canali. è meglio perciò disporre di una buona antenna che non di un buon amplificatore.
In altre parole, è meglio cercare di ottenere un segnale in antenna quanto più elevato possibile piuttosto che usare semplicisticamente amplificatori con un elevato grado di amplificazione (guadagno).

Ad esempio: se si utilizza un’antenna a larga banda con 9 elementi con la quale si ottiene un segnale pari a 40 dBµV (abbastanza scarso) è meglio non usare un amplificatore per aumentare tale livello, ma piuttosto sostituire l’antenna con un modello dotato di più elementi, in modo che il maggior guadagno disponibile in antenna permetta di ottenere un segnale più elevato, almeno 5/6 dB più alto, raggiungendo un livello utile di almeno 45/46 dBµV (figura 3).

Figura 3. Se il segnale ricevuto è scarso è meglio utilizzare un’antenna con maggior guadagno piuttosto che un amplificatore.

L’impianto collettivo è per sua natura più complesso, in quanto deve poter fornire segnali di buona qualità con dislivelli accettabili a tutte le prese Tv di un intero edificio condominiale formato da più unità abitative.
Si utilizzano in questo caso antenne con elevato guadagno, centralini di amplificazione (a larga banda o modulari) con una potenza dimensionata in base all’entità delle perdite di distribuzione da recuperare, cavi coassiali a bassa perdita, divisori e ripartitori di segnale a bassa attenuazione di passaggio ed elevata separazione (o isolamento tra le prese di utente e la linea di distribuzione).

L’impianto collettivo più diffuso è quello che utilizza un centralino a larga banda che amplifica contemporaneamente tutti i segnali Tv ricevibili nelle bande VHF e UHF. Questi amplificatori con i segnali digitali si trovano a dover amplificare canali che avendo una natura molto diversa dagli analogici, richiedono una risposta in frequenza lineare, in modo da non introdurre degrado su una quantità eccessiva di sottoportanti al punto da causare il blocco dei decoder digitali.

Un problema che in alcuni casi può mettere in crisi un impianto a larga banda è quello in cui i canali digitali ricevuti in antenna (anch’essa a larga banda) risultassero più bassi d’intensità rispetto a quelli analogici.
Se la differenza tra i due segnali supera i 10 dB non si avrà nessuna possibilità di aumentare il livello del canale digitale, in quanto i centralini a larga banda sono dotati di controllo di livello che opera con la stessa entità su tutti i canali distribuiti. Una possibile soluzione consiste nell’installare alcuni convertitori di canale per controllare il livello dei segnali digitali senza interferire con i segnali analogici (figura 4a).

Diverso è il caso se lo stesso segnale digitale viene trattato da un centralino modulare di estrazione analogica dove sono presenti canali analogici adiacenti.
Il singolo modulo o filtro di singolo canale non è in grado di aumentare il livello in quanto, aumentando il guadagno di un’entità così grande (più di 10 dB rispetto ai canali adiacenti) sarebbero influenzati anche i canali adiacenti con possibili conseguenze ulteriormente degradanti per la ricezione e la decodifica dei segnali digitali (distorsione o intermodulazione).

Per contro, se il segnale digitale risultasse troppo elevato in ricezione, con questi moduli il controllo di guadagno sarebbe meno problematico, in quanto lo si potrebbe abbassare della giusta entità.
Come soluzione generale ai casi più disperati consigliamo l’impiego di convertitori di canale (figura 4b) che spostano il canale digitale in una porzione di banda nella quale non vi sono canali analogici adiacenti.
Se si usa un convertitore a doppia conversione, soluzione più costosa ma in alcuni casi indispensabile, si può invece lasciare il canale sulla stessa frequenza potendo intervenire solo sul livello del segnale rigenerato e non su quello ricevuto, ottenendo la completa indipendenza dai canali adiacenti.

Figura 4. Configurazioni possibili di un centralino per segnali tv digitali:
Figura 4a. a larga banda
Figura 4b. modulare

Convivenza con i segnali analogici
I canali digitali nelle zone in cui dovranno convivere per un po’ con quelli analogici potrebbero portare problemi di ricezione anche molto impegnativi da affrontare che richiedono soluzioni non scontate, anzi, differenti da caso a caso.
La graduale accensione di trasmettitori digitali su nuove frequenze o su quelle già oggi usate dai canali analogici che migreranno da subito alla tecnologia digitale, porterà ad uno scenario nel quale le nostre antenne cominciano ad essere investite da nuove emissioni Tv di natura molto diversa da quella che caratterizza gli attuali canali analogici.

La prima grande differenza consiste nel fatto che i canali digitali non dispongono più di una portante video, di una portante colore e di una portante audio (dei canali monofonici) o due (nei canali stereofonici) come avviene invece nei canali analogici. Ogni singolo canale digitale è un insieme costituito da migliaia di sottoportanti allocate all’interno della banda oggi assegnata ad un canale televisivo (7 MHz per i canali VHF e 8 MHz per quelli UHF).

Ciò significa che l’energia di trasmissione viene dispersa su tutta la banda del canale, mentre ogni sottoportante trasporta una parte delle informazioni utili al decoder digitale per ricostruire l’informazione totale trasmessa.
E proprio per questa differente natura dei segnali le problematiche di ricezione e distribuzione dei canali digitali terrestri sono diverse da quelle dei canali analogici.

La convivenza dei due differenti segnali può evidenziare le carenze degli impianti riceventi al punto da non permettere ad esempio la ricezione dei segnali digitali là dove, invece, quella dei segnali analogici è ancora possibile.
I segnali digitali sono più delicati ma presentano una “soglia” di ricevibilità sopra la quale si ha la buona ricezione e sotto la quale non è più possibile. Ciò non accade con i segnali analogici che sebbene molto degradati sono spesso ancora ricevibili anche se con effetto neve sulle immagini.

Ciò che cambia è in questo caso una diversa influenza del rumore sul segnale utile: ad esempio il segnale digitale è ricevibile anche se di un livello molto più basso rispetto a quello analogico (45 dBµV dei digitali contro i 57 degli analogici) e con una quantità di rumore maggiore, ossia un rapporto tra il segnale utile e il rumore più piccolo (20 dB di un segnale digitale contro 44 di un segnale analogico).
Ma veniamo ad aspetti pratici in grado di fornire alcuni primi elementi di valutazione al tecnico chiamato ad affrontare e risolvere eventuali inconvenienti.

Questione di soglia
Con i segnali digitali il modo di funzionare del decoder è del tipo “passa-non passa”. Se il segnale digitale è degradato ma il suo BER è ancora sopra la soglia di ricezione, le immagini e i suoni risulteranno ancora di ottima qualità. In prossimità della soglia si potranno avere instabilità di varia natura, dall’effetto mosaico ai fermi immagine accompagnati da fastidiosi scrosci nell’audio.
Sotto la soglia lo schermo sarà nero e non si otterrà alcun suono: un aspetto questo molto importante, che differenzia l’analisi oggettiva della qualità dei segnali passando dall’analogico al digitale.

Allo stesso modo non si può intuire o valutare la qualità di un segnale digitale dalla semplice osservazione delle immagini, cosa invece comune con i canali analogici. La prima manifestazione di disturbi su immagini digitali evidenzia una situazione molto più grave di quella ottenibile con i segnali analogici che continuano ad essere intelligibili pur presentando immagini riflesse, distorte o con effetto neve.

I segnali digitali invece non sono più decifrabili se solo il segnale in antenna dovesse calare di pochi dB (come avviene normalmente dal giorno alla notte o dal caldo al freddo). L’unico modo per valutare l’effettiva qualità di un segnale digitale richiede una analisi strumentale adatta allo scopo (misuratori di campo moderni): i parametri specifici sono la Potenza, il BER e il MER.

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