Con il recepimento del Piano di azione della Commissione Europea in merito allo sviluppo e all’implementazione dello standard 5G, il Governo italiano, nella Legge di Bilancio 2018, ha definito le misure e la calendarizzazione delle procedure per la cessione alle società di telecomunicazioni di un’ulteriore fetta della banda UHF (694-790 MHz – secondo dividendo digitale), la cosiddetta banda dei 700 MHz. Dal momento che Rai, Mediaset, La7 e gli altri operatori televisivi dovranno rinunciare ad altri 12 canali UHF (49-60) dopo i 9 “persi” in seguito al lancio dei servizi LTE (61-69 – primo dividendo digitale), per poter trasmettere lo stesso numero di mux e canali radiotelevisivi digitali, soprattutto in HD e in Ultra HD, è necessario adottare standard di trasmissione e compressione più efficienti rispetto agli attuali DVB-T e MPEG-2/MPEG-4. Ecco spiegato il motivo per cui il DVB-T2 e l’HEVC H.265, secondo l’articolo 89 della Legge di Bilancio 2018, dovranno essere obbligatoriamente utilizzati dai broadcaster a partire dal 1° luglio 2022 per le trasmissioni televisive e radiofoniche digitali, sia in chiaro che criptate. Scopriamo insieme come funzionano questi standard, quali miglioramenti introducono rispetto ai predecessori e quali sono le innovazioni che permettono di mantenere la stessa qualità di suoni e immagini (se non addirittura di migliorarla) riducendo nel contempo la banda occupata.
DVB-T2, standard efficiente e green
Grazie all’adozione delle più moderne tecniche di modulazione e codifica di canale, le stesse adottate dal DVB-S2, il DVB-T2 consente di raggiungere prestazioni vicine all’ottimo teorico (limite di Shannon) e garantire vantaggi tangibili in termini di incremento di capacità trasmissiva a parità di banda occupata (+50% rispetto al DVB-T) oppure di copertura del territorio a parità di potenza emessa a tutto vantaggio delle emissioni elettromagnetiche. In una rete SFN, per esempio, la distanza massima tra trasmettitori adiacenti deve essere incrementata di almeno il 30% rispetto al DVB-T con modalità 8K e il medesimo livello di mutua interferenza.
Anche la tecnica di suddivisione dei dati in trame di banda base (BBFRAME) e codifica di canale (FEC) sono le stesse del sistema di seconda generazione satellitare. Il codice FEC è quindi basato sulla concatenazione tra codici LDPC (Low Density Parity Check) e BCH (Bose Chaudhuri Hocquenghem), tecnica che fornisce prestazioni eccellenti con qualsiasi tipo di trasmissione.
Costellazioni “ruotate” per canali terrestri più critici
Le costellazioni sono derivate dal DVB-T (QPSK, 16QAM, 64QAM), con estensione alla 256QAM e introduzione della tecnica delle costellazioni ruotate,
per migliorare significativamente le prestazioni del sistema nei canali terrestri particolarmente critici. La tecnica base di modulazione è quella multi portante OFDM (Orthogonal Frequency Division Multiplexing) con intervallo di guardia, analoga al DVB-T, che garantisce un sistema di trasmissione affidabile su canali terrestri caratterizzati da propagazione multicammino. Il DVB-T2 aumenta la scelta sulla dimensione della FFT (Fast Fourier Transform, procedimento alla base della modulazione OFDM), da 1K (circa 1.000) a 32K (circa 32.000) portanti. Ricordiamo che le modalità del DVB-T sono solamente due, 2K e 8K. Grazie anche all’incremento dei possibili valori degli intervalli di guardia (1/128, 19/256 e 19/128 in aggiunta a 1/32, 1/16, 1/8 e 1/4 già utilizzati dal DVB-T) è possibile ottenere configurazioni del sistema più flessibili in relazione alle caratteristiche della rete di trasmissione e garantire un’efficienza trasmissiva significativamente più elevata rispetto al DVB terrestre di prima generazione attualmente in uso.
Il DVB-T2 amplia, rispetto al DVB-T, anche i possibili segnali per la sincronizzazione e la stima del canale RF (segnali pilota di tipo scattered e di tipo continuo) che possono essere scelti sulla base del particolare ambiente trasmissivo. Si tratta di 8 possibili configurazioni di dispersione di celle pilota che possono portare a un aumento della capacità trasmissiva dell’8%.
Per fronteggiare meglio i diversi tipi di degradamento del segnale sul canale terrestre, il DVB-T2 introduce quattro livelli di interallacciamento dell’informazione: bit, cella, tempo e frequenza. L’interleaving temporale offre una profondità di interlacciamento di almeno 70 ms per i servizi a tassi più elevati, con l’opzione di poter estendere tale valore senza necessità di incrementare la memoria del ricevitore. Ciò consente di ottenere una maggiore immunità a disturbi di tipo impulsivo e una migliore ricezione anche in mobilità e a velocità elevate.
Adattabile a qualsiasi tipologia di ricezione
Il DVB-T2 può trasportare flussi di ingresso singoli o multipli, di tipo Transport Stream o Generico (come IP), e ogni flusso (PLP, Physical Layer Pipe) può essere protetto (FEC e interleaving) in modo differente contro il rumore e le interferenze. Tutto ciò permette di ottimizzare le prestazioni in base al terminale e alla tipologia di ricezione utilizzati (fissa, mobile), anche simultaneamente.
Altra novità è rappresentata dalla modalità “Time Slicing” che, grazie alla sincronizzazione del trasferimento dei dati, disattiva i circuiti del ricevitore (low power mode) negli intervalli di inattività così da ridurre i consumi energetici.
Nel DVB-T, il Time Slicing non è presente ed è stato introdotto nel DVB-H, lo standard progettato per la ricezione televisiva sui terminali mobile alimentati a batteria che, purtroppo, non ha riscosso il successo sperato. Ulteriore sostanziale novità del DVB-T2 è la possibilità di trasmettere utilizzando antenne multiple basata sulla tecnica di Alamouti (dal nome dell’ingegnere americano che l’ha ideata) che migliora la ricezione grazie alla diversità spaziale offerta dai due trasmettitori.
Infine, per ridurre il rapporto tra potenza di picco e potenza media del segnale trasmesso (PAPR), spesso elevato per segnali di tipo OFDM, il DVB-T2 attiva due meccanismi. Il primo è basato sulla tecnica “Tone Reservation” mentre il secondo sulla “Active Constellation Extension” ed entrambi consentono di ottimizzare la potenza dei trasmettitori.
Grazie a queste tecnologie e innovazioni, il DVB-T2 consente un incremento della capacità trasmissiva del 50% rispetto al DVB-T con una “collaudata” codifica video come l’MPEG-4 AVC. Se, però, al DVB-T2 affianchiamo il nuovo codec HEVC, la capacità trasmissiva cresce ulteriormente senza incidere sulla qualità delle trasmissioni, anche in HD e Ultra HD.
Dall’analogico SD al digitale HD
I canali digitali terrestri, così come la quasi totalità di quelli satellitari attualmente in onda, utilizzano i sistemi di codifica digitale MPEG-2 e MPEG-4 AVC (H.264). Il primo, impiegato nella trasmissione dei canali a definizione standard (Pal 576i) e nei DVD, è stato introdotto nel 1994 da MPEG (Moving Pictures Experts Group). Definisce la codifica di sorgente, ovvero la compressione audio/video, e il formato di multiplazione e trasporto per i servizi televisivi. Ha permesso di digitalizzare la Tv terrestre e satellitare dopo decenni di trasmissioni analogiche, garantendo immagini di buona qualità con bitrate ridotti (4-9 Mbps) e un forte risparmio di banda, in pratica fino a 10-15 canali per frequenza/transponder rispetto al singolo canale analogico.
Per trasmettere più efficacemente e senza occupare troppa banda i canali in alta definizione (ma anche gli SD), si utilizza l’MPEG-4/H.264, uno dei codec/standard più diffusi al mondo per numerose applicazioni video consumer e professionali.
Il concetto alla base del codec è la predizione intraframe (quantizzazione): il primo fotogramma del video viene utilizzato come riferimento per quelli successivi che formano un gruppo. Il codec crea quindi un primo set d’informazioni per ricreare la prima immagine e un secondo set che comprende solo le variazioni (movimenti) rilevate rispetto al primo set attraverso una compensazione nella variazione del movimento (motion-compensated frames). Nel caso di una scena televisiva con un soggetto che si muove rispetto a uno sfondo statico (es.: persona che cammina lungo una parete), l’MPEG-4 codifica ogni singolo movimento del soggetto (che varia rispetto al tempo e allo spazio) e una sola volta lo sfondo che invece rimane immutato. Il vantaggio di questa tecnica è di ridurre sensibilmente la quantità dei dati di digitalizzazione garantendo immagini di qualità e, quindi, una buona efficienza.
L’H.264 (MPEG-4 Part 10 o MPEG-4/AVC – Advanced Video Coding) definisce la sintassi del flusso dati e il metodo per decodificarlo. Non è quindi un vero e proprio codec come i precedenti ma una famiglia di standard nata nel 2005 e composta da profili diversi. Rappresenta l’evoluzione dell’MPEG-4 perché eredita lo stesso concetto di quantizzazione, rivisto e perfezionato per migliorare l’efficienza e la qualità video. Ogni frame di un’immagine codificata in H.264 viene suddiviso in una griglia di blocchi che possono contenere da un minimo di 16 (4×4) a un massimo di 256 pixel (16×16). Ricordiamo che i pixel sono i punti che compongono un’immagine digitale. Per ogni blocco (e non per ogni singola immagine come visto nell’MPEG-4) viene ricercata una corrispondenza tra i fotogrammi precedenti o successivi allo stesso (Motion Compensation). Se viene rilevata una corrispondenza, i dati corrispondenti a questo blocco non vengono ritrasmessi ma solo inviati a un vettore che punta alla struttura corrispondente del fotogramma di riferimento insieme ad alcune informazioni per correggere eventuali differenze di struttura. Se la tecnica di Motion Compensation non trova corrispondenze adeguate, l’algoritmo di compressione utilizza la struttura dei blocchi vicini nello stesso frame per predire la struttura e conservare la differenza tra la quella prevista e quella effettiva. Semplificando il concetto, H.264 utilizza blocchi di compressione più piccoli in aree con molto movimento (Variable Block-Size Motion Compensation – VBSMC) per una segmentazione più precisa che si traduce in un minore consumo di banda.
Pur basandosi sullo stesso principio dell’MPEG-4, H.264 risulta quindi molto più complesso ma anche più efficiente nel garantire immagini di ottima qualità a elevate compressioni. A grandi linee, questo codec permette un risparmio (banda e dimensione file) del 70-80% rispetto all’MPEG-2 e del 40-50% rispetto all’MPEG-4 a parità di qualità video.
HEVC H.265, il top per HD e Ultra HD
L’High Efficiency Video Coding (HEVC o H.265) è uno dei più recenti standard di compressione video e viene impiegato dalla totalità dei canali satellitari Ultra HD 4K e dai supporti Blu-ray 4K. Da alcuni mesi, viene utilizzato anche da diversi canali televisivi in HD e SD trasmessi sempre via satellite. Approvato nel 2013, raddoppia il rapporto di compressione dati rispetto all’H.264 (50% di risparmio), migliora la qualità video a parità di bitrate e supporta i formati ad altissima definizione come il 4K (3840×2160 pixel) e l’8K (7680×4320). Per ottenere questi risultati, gli ingegneri del Moving Picture Experts Group (MPEG) e del Video Coding Experts Group (VCEG) dell’ITU-T hanno raffinato ulteriormente l’algoritmo dell’H.264 sotto diversi aspetti: aumentando la densità di pixel del blocco di codifica (da 16×16 a 64×64 pixel) così da sfruttare meglio la correlazione tra pixel vicini con segnali Ultra HD, utilizzando partizioni complesse (es.: rettangolari e combinate) al posto dei precedenti macroblocchi, migliorando l’accuratezza delle tecniche di predizione tra i quadri nell’ambito dello stesso quadro, ottimizzando il sistema di trasmissione dei vettori in movimento all’interno del flusso video.
DVB-T2 & HEVC, risparmio assicurato e spazio al 4K
L’utilizzo di entrambi gli standard DVB-T2 e HEVC nelle trasmissioni terrestri non solo eviterà di “cancellare” decine di canali televisivi in SD/HD a causa della perdita delle 12 frequenze della banda 700 GHz ma agevolerà il passaggio all’HD e all’Ultra HD per quei canali che, al momento, non hanno spazio sufficiente per compiere il salto di qualità.
Secondo alcune stime effettuate dal Centro Ricerche Rai di Torino (CRIT), grazie al DVB-T2 è possibile ospitare su un mux un programma trasmesso in formato Ultra HD 4K (con bitrate di 28-36 Mbps), 4 HD (7-9 Mbps) oppure 11-12 SD (3 Mbps) utilizzando il “vecchio” standard MPEG-4 AVC. Si tratta di un netto passo in avanti rispetto al DVB-T dove i canali SD sarebbero 8, quelli HD 2-3 e non sarebbe possibile ospitare alcun canale Ultra HD. Con l’MPEG-2, la situazione peggiorerebbe ulteriormente a meno di rinunciare alla qualità video accettando anche le “pixellizzazioni” più spinte (come accade ora su molti canali terrestri). Con il passaggio dall’MPEG-4 AVC all’HEVC, lo standard DVB-T2 potrà esprimere tutte le sue potenzialità e arrivare a raddoppiare, triplicare o addirittura quadruplicare il numero dei canali trasmessi mantenendo la stessa qualità dell’attuale DVB-T MPEG-2.