Effetto ambiente: magie in corso

Novembre 2008. Una delle attrattive maggiori della visione cinematografica dei moderni lungometraggi è sicuramente la qualità dell’audio.
Infatti la maggior parte delle pellicole attuali è realizzata con un audio multicanale chiamato surround.

Normalmente il surround è implementato mediante audio multicanale nel quale uno o più canali audio sono destinati a essere riprodotti da diffusori acustici posizionati, secondo regole prestabilite, alle spalle dell’ascoltatore.
Tali canali audio sono chiamati canali surround.
Ma sono state sviluppate anche tecnologie in grado di ottenere il medesimo risultato senza l’utilizzo di diffusori posizionati alle spalle dell’ascoltatore.

Gli standard audio che prevedono canali surround sono molteplici:
– Dolby Stereo
– Dolby Stereo Spectral Recording
– Dolby Surround
– Dolby Surround Pro Logic II
– Dolby Digital
– Dolby Digital Surround EX
– Dolby Digital Plus
– Dolby TrueHD
– DTS
– DTS-ES
– DTS 96/24
– DTS-HD Master Audio
– MPEG Multichannel

Felice intuizione
Il surround quindi utilizza sempre un audio multicanale. L’audio multicanale ha trovato applicazioni inizialmente in campo cinematografico, per l’esigenza di spettacolarizzare le colonne sonore dei film. Durante gli anni settanta, fu elaborata una soluzione multicanale dedicata alla riproduzione musicale, la quadrifonia. Questa soluzione non durò a lungo. Dopo il boom dell’Home Theater, sono nate nuove proposte di soluzioni multicanale dedicate alla musica.
Il primo ad intuire l’importanza dell’audio cinematografico fu Walt Disney che, nel 1942, ideò il sistema ottico a 4 canali Fantasound, adottato per la pellicola Fantasia, esempio ideale di come una colonna sonora di qualità (sia artistica che tecnica), possa diventare parte integrante, se non addirittura protagonista, di un’intera opera.

Negli anni successivi si è assistito a numerose varianti di sistemi audio multicanale, molto spesso legate a film altamente spettacolari. Cinerama, Cinemascope sono tutte soluzioni che, parallelamente al formato visivo, hanno contribuito all’evolversi del formato sonoro.

Tutte le soluzioni adottate dopo il Fantasound erano basate su piste magnetiche, producendo buoni risultati ma con costi di produzione e manutenzione elevati.
Il problema fu risolto da Ray Dolby, una delle figure determinanti nella storia dell’audio multichannel.

Tecnico audio proveniente dalla Ampex, e già popolare per aver messo a punto un sistema per la riduzione del rumore di fondo, egli riportò in auge la colonna sonora basata su pista ottica, che fino ad allora consentiva la riproduzione di contenuti sonori monofonici e a bassa fedeltà (più o meno quella di una conversazione telefonica).

Non contento, Dolby elaborò una codifica che consentiva di inserire 4 canali in una traccia stereofonica: oltre alle informazioni sui canali destro e sinistro, trovarono spazio le informazioni per un canale centrale, installato dietro lo schermo, e un canale posteriore, monofonico ma distribuito su due o più diffusori.
Il tutto ottenuto senza l’ausilio di piste magnetiche, rendendo il sistema economico e retrocompatibile. Risolvendo la perenne esigenza delle industrie di contenere i costi, il Dolby Stereo divenne perciò lo standard per l’audio cinematografico professionale.

Risultati spettacolari
Correva l’anno 1977 e di lì a poco uscirono due pellicole che decretarono il successo del Dolby Stereo: Guerre Stellari e Incontri ravvicinati del terzo tipo.
Nel 1982 comparvero sul mercato consumer i primi apparecchi con il sistema Dolby Surround che, basandosi su una registrazione stereo, riuscivano ad implementare una sorta di multicanalità all’audio dei film, inserendo un canale di riverbero, monofonico ma riprodotto con una coppia di altoparlanti, tipicamente posti alle spalle dello spettatore.

Non c’erano dunque nuovi canali da riprodurre, ma lo stesso suono riprodotto dai diffusori principali veniva inviato, con alcuni millisecondi di ritardo, ad altoparlanti aggiuntivi. Questo contribuisce ad aumentare il senso di coinvolgimento dello spettatore il quale, anche a casa, ha l’impressione di trovarsi al centro dell’evento.
Pochi anni dopo, sia il sistema professionale sia quello consumer vennero aggiornati: nacquero così il Dolby Stereo Spectral Recording per il Cinema e il Dolby Pro Logic per l’Home Theater.

Nel sistema cinematografico veniva aumentata la dinamica e reso obbligatorio il canale LFE (Low Frequency Effects), un canale separato dedicato alle basse frequenze e diffuso da un altoparlante dedicato, denominato subwoofer, presente anche in precedenza ma opzionale.

Il sistema domestico cominciò così a fare passi da gigante, riducendo notevolmente le differenze concettuali con quello cinematografico: aumentava la dinamica e la separazione tra canali, entrava in scena il canale centrale, riservato ai dialoghi e collocato nei pressi dello schermo, prendeva piede anche il canale LFE, pur se opzionale.

Audio digitale, si gira pagina
L’introduzione dell’audio digitale, operata da Sony e Philips nel 1982, portò nel mondo dell’audio multicanale cambiamenti radicali.
Con la comparsa del Laserdisc, si assistì al successo dei principali artefici della rivoluzione digitale nell’audio multicanale: la solita Dolby e la DTS, un’azienda che fino ad allora aveva operato solo nel mercato professionale.

Le due compagnie proposero soluzioni basate sullo stesso concetto: come aumentare la fedeltà e il numero di canali, quando la capacità del supporto è limitata?
La risposta non tardò ad arrivare e fu semplice: bastava comprimere il segnale audio digitale.

Da quel momento la competizione si spostò sull’efficienza dell’algoritmo di compressione, all’aumentare della quale aumentava proporzionalmente lo spazio libero sul supporto, che poteva essere utilizzato per altri scopi.

Questi principi portarono alla realizzazione di un nuovo supporto, in grado di immagazzinare grandi quantità di informazioni anche di natura diversa, visto che una volta convertite in digitale, potevano essere trattate allo stesso modo. Si apriva il sipario sul DVD, davvero il prodotto ideale in questo senso: alta qualità video, audio multicanale e multilingue, elevata interattività, contenuti speciali.

Immediatamente crebbe il numero di canali a disposizione: si passò a un sistema a 6 o più canali, questa volta “discreti”, cioè incisi separatamente.
La configurazione tipica di questa fase fu definita 5.1, dove il .1 è il canale LFE per le basse frequenze.
I rimanenti 5 canali erano i canonici frontale destro, centrale, frontale sinistro, e per la prima volta in ambito domestico, uno destro e uno sinistro anche per il posteriore.

Schema di principio di un sistema surround 5.1 e 6.1

Aspro braccio di ferro
A questo punto si accese la battaglia tra i contendenti in ambito consumer: Dolby AC-3 (poi denominato Dolby Digital), DTS e MPEG Multichannel. Si affermerà il Dolby Digital, anche se il sistema DTS, con un algoritmo di compressione meno distruttivo, incontrerà il favore degli appassionati più raffinati e godrà di ottima salute, diventando successivamente onnipresente nelle sale cinematografiche e nei prodotti hardware e software.

L’audio multicanale a questo punto – e siamo giunti ai nostri giorni – mantenendo elevato, o addirittura aumentando, il livello di compressione, sta applicando la multicanalità anche in campi nuovi, come la comunicazione mobile come suonerie per cellulari surround o videochiamata con audio multicanale.

Queste applicazioni, dove la qualità audio è un parametro non determinante, vedono l’affermarsi di tecniche che permettono una multicanalità virtuale, riprodotta cioè attraverso una sola coppia di diffusori, generando suggestivi sensi di coinvolgimento acustico.

D’altro canto, la disponibilità di supporti più capienti può oggi consentire l’impiego di algoritmi di compressione meno distruttivi, elevando notevolmente la fedeltà.
Per chi non accetta i compromessi, sono così disponibili alcuni formati audio multicanale, come il DVD-Audio e il Super Audio CD, che impegnano tutta la capacità dei nuovi supporti solo per l’audio multicanale, senza ricorrere quindi ad alcun tipo di compressione.

Dolby Digital, trucco senza inganno
Il Dolby Digital è un sistema di codifica audio multicanale sviluppato dalla Dolby Laboratories utilizzato al Cinema, nella Tv digitale e nei DVD come pure in altri supporti di riproduzione o trasmissione audio digitale.

Il Dolby Digital è un sistema di codifica cosiddetto “lossy”, in cui la compressione audio avviene con perdita di informazioni. Altri sistemi di codifica “lossy” sono l’MPEG (MP3), l’ATRAC, il WMA.

Il sistema raccoglie in ingresso i segnali audio digitali PCM, codificati a 48.000 Hz di frequenza di campionamento e 16 bit di risoluzione, li trasforma analizzandoli nel dominio della frequenza, per poi scartare parte dei dati riducendone la risoluzione effettiva e innalzando il livello del rumore digitale. Tutta l’operazione viene eseguita cercando il più possibile di mantenere la soglia del rumore (di quantizzazione) al di sotto del livello udibile, utilizzando metodi di analisi di tipo “psicoacustico”.

L’idea è che la risoluzione effettiva con cui l’apparato uditivo umano è in grado di percepire uno o più suoni, varia dinamicamente con il contenuto del segnale (musicale) composto.
Un tono perfettamente udibile come tono puro, può essere completamente “inudibile” se mascherato da un tono vicino, magari di intensità superiore.

Il sistema di compressione psicoacustica utilizzato dal Dolby Digital prende il nome di AC3.
Un segnale audio mono PCM lineare (quindi non compresso) a 48 kHz/16 bit, richiede 768 kbps per essere codificato, pertanto un segnale stereo di questo tipo necessiterebbe di 1536 kbps, ed un segnale a 5 canali di 3840 kbps.

L’AC3 permette di ridurre questi valori anche di un fattore superiore a 10, richiedendo circa 400 kbps per codificare audio 5.1, e meno di 200 kbps per codificare audio stereo.
Tanto maggiore è il fattore di compressione, tanto maggiore sarà la probabilità che il livello di rumore introdotto a causa della perdita di informazioni diventi udibile, causando artefatti di varia natura.
Per questo motivo, tanto maggiore è il “bitrate” utilizzato per la codifica tanto migliore sarà la qualità dell’audio originale non compresso che ci si può aspettare.

Il Dolby Digital può lavorare da un minimo di 1 ad un massimo di 5 canali audio digitali a banda piena (20 – 22.000 Hz), ovvero codificati a 48.000 Hz di campionamento e 16 bit di risoluzione, più un sesto canale destinato alla sola riproduzione delle basse frequenze (canale LFE – Low Frequency Effects).

Questo speciale schema si indica con “5.1” e comprende 5 distinti canali: anteriore destro (R) anteriore sinistro (L), centrale (C), surround destro (SR), surround sinistro (SL).
I primi due corrispondono al collocamento dei normali canali stereo, il centrale va posizionato al centro dei due canali stereo anteriori, in corrispondenza dello schermo, i surround vanno collocati lateralmente o leggermente arretrati rispetto al punto di ascolto. Il canale sub (LFE) non ha una collocazione precisa, in quanto le basse frequenze sono meno direttive.

Il Dolby Digital 5.1 è stato uno dei primi sistemi di codifica digitali multicanali di tipo “discreto”, in cui i 5 + 1 canali sono codificati in modo del tutto indipendente fra loro, come flussi digitali separati.
Questo lo differenzia da altri sistemi, detti “matriciali”, in cui più canali audio vengono mescolati fra loro e codificati con un numero inferiore di tracce indipendenti.

Il sistema Dolby Stereo al Cinema, grazie al quale si è sviluppato il concetto di audio “surround” cinematografico, e la sua versione consumer Dolby Surround che ha permesso la nascita dell’Home Theater, sono sistemi di codifica “matriciale” in cui 4 canali (dx, sx, centrale e surround mono) sono miscelati in un semplice segnale stereo (che il decoder Dolby Pro-Logic era in grado di elaborare ricostruendo i 4 canali originari, con la limitazione di una minore risposta in frequenza sui canali surround e una minore separazione effettiva fra i segnali distribuiti fra i diversi canali, causa di un minore realismo del campo sonoro surround complessivo).
Il processo di codifica “matriciale” del Dolby Stereo prende il nome di 4-2-4 (4 canali sorgenti, 2 in codifica, 4 in decodifica).

Una recente estensione del Dolby Digital, chiamata Dolby Digital Surround EX, utilizza proprio la codifica “matriciale” per aggiungere un settimo canale da posizionare al centro dei due canali surround, chiamato Center Back Surround. Il Dolby Digital, quindi, rimane un sistema di codifica 5.1, che può offrire 6.1 canali con un metodo “matriciale”.

DTS, efficace alternativa
Il concorrente principale del Dolby Digital, ovvero il Digital Theater System (DTS), di contro permette di codificare anche 6.1 canali discreti nella variante chiamata DTS-ES Discrete 6.1, che aggiunge il canale back surround o center surround (CS) come segnale discreto ed indipendente.

Il Dolby Digital lavora da un minimo di 96 kbps ad un massimo di 640 kbps. Al cinema il Dolby Digital viene utilizzato con appena 320 kbps di banda, poiché stampato nel poco spazio disponibile fra i fori di scorrimento delle pellicole.
Generalmente sui DVD viene utilizzato con un bitrate di 192 kbps per codificare segnali stereo (2.0, 2.1) o stereo surround, e con un bitrate compreso fra 384 e 448 kbps per i segnali 5.1.

Lo stesso dicasi per le trasmissioni audio digitali satellitari. Sebbene i decoder in commercio possano lavorare fino a 640 kbps, tale possibilità non è permessa nella codifica Dolby Digital dei DVD Video, pertanto ad oggi non viene utilizzata.

La versione cinematografica del Dolby Digital è quella che negli anni ha subito minori affinamenti, perché bloccata su specifiche piuttosto vecchie e su un bitrate ridotto.
Molti ritengono che la qualità raggiunta dal Dolby Digital disponibile in ambiente consumer (su DVD) sia ormai palesemente superiore rispetto a quella offerta dalla versione cinematografica.

Un’evoluzione del Dolby Digital è il Dolby Digital Plus, utilizzato nei supporti Blu-ray e nelle trasmissioni digitali HDTV.
Alcune caratteristiche del Dolby Digital Plus sono: una maggiore efficienza di codifica, l’estensione del bitrate fino a 6,144 Mbps e l’aumento del numero di canali discreti a 7.1, tutto mantenendo una buona compatibilità con il Dolby Digital convenzionale (il Dolby Digital Plus è “riducibile” semplicemente a un segnale Dolby Digital a 640 kbps compatibile con tutti i decoder attuali).

Codec audio HD, ecco i nuovi standard
Accade spesso di dare troppa importanza al concetto di “compressione e perdita” del suono surround, come se fosse l’unico aspetto decisivo per un audio di buona qualità.
Questo è un modo troppo semplicistico di vedere le cose.

Indubbiamente la compressione con perdite è da evitare ma non è l’unico fattore che deteriora la qualità audio. Durante il lungo percorso che passa dalla realizzazione di un film fino alla sua riproduzione nel salotto di casa, i veri responsabili della cattiva qualità del suono non sono quasi mai i realizzatori del film.

Detto ciò, la qualità audio dipende in parte dalla banda disponibile: Dolby Digital, il formato più utilizzato, raggiunge i 448 kbps sui DVD ma il suo limite teorico è di 640 kbps. Per ottenere una qualità migliore è necessario andare oltre, per esempio passando al Dolby Digital Plus che in teoria può arrivare fino a 6 Mbps, ma che vanta una banda reale massima di 1.7 Mbps sui dischi Blu-ray.
Esiste anche il DTS, che anche su DVD propone valori di banda interessanti che vanno da 768 kbps fino a 1,5 Mbps. Con le due versioni del DTS-HD, si intende andare ancora oltre…

Sia Dolby sia DTS si preoccupano di fornire un nuovo standard audio compatibile con i sistemi già esistenti, soprattutto sistemi Home Cinema, perché non si può certo pretendere che tutti i sistemi audio-video vengano sostituiti con dei sistemi nuovi dall’oggi al domani… Senza contare che i possessori di un sistema interamente HD non sono, per il momento, che una piccola minoranza.

Compatibilità garantita
I nuovi formati HD sono stati quindi progettati e applicati alle apparecchiature di recente produzione in modo da poter trasportare un flusso audio compatibile con gli attuali sistemi surround e che può quindi essere decodificato da un qualsiasi sistema Home Cinema.
In questo modo al cliente viene offerta una qualità audio migliore rispetto a quella offerta da un DVD tradizionale, ma inferiore rispetto alle reali potenzialità del nuovo supporto in Alta Definizione Blu-ray disc.

La compatibilità dell’audio HD con sistemi di diffusione già affermati come la Tv via cavo, il satellite, il digitale terrestre, o ancora in via di sviluppo come il VOD (Video On Demand), è molto importante, perché sono dei modi alternativi rispetto ai dischi in alta o in bassa definizione, per visualizzare flussi video sul proprio kit Home Cinema.

Il Dolby Digital Plus, sistema introdotto per diventare lo standard sui sistemi audio di largo consumo, altro non è che un’evoluzione del codec AC3, utilizzato per il Dolby Digital e chiamato E-AC3 (Enhanced AC3). Esso è disponibile sui programmi HDTV in broadcast satellitare ed è compatibile anche con gli attuali sistemi audio.

Il segnale Dolby Digital Plus viene infatti convertito in Dolby Digital e in seguito utilizzato mediante una comune interfaccia S/PDIF coassiale o ottica. In quest’ultimo caso, ovviamente la banda è limitata, così come il numero di canali disponibili, tuttavia il sistema di decodifica più efficace porta comunque ad un miglioramento rispetto all’attuale qualità audio.

Con i Blu-ray, la banda disponibile, al momento limitata a 640 Kbps in Dolby Digital, può raggiungere in teoria i 6 Mbps, purché il collegamento con il decoder o l’amplificatore audio/video sia effettuato tramite interfaccia HDMI.

In questo modo, sempre in teoria, si potrebbe disporre di ben 14 canali audio (sistema 13.1), ma al momento siamo ancora fermi ai sistemi 5.1 e 7.1 (o “.2”, cioè con due subwoofer).
Concorrente del Dolby Digital Plus è il DTS-HD High Resolution Audio, uno standard che ha compressione con perdite, in grado di raggiungere un banda di 6 Mbps sui Blu-ray disc. Il DTS garantisce 8 canali (sistema 7.1) a 24 bits/96 KHz e una qualità audio indistinguibile rispetto all’originale.

Compressioni senza perdite
Oltre ai sistemi di compressione “con perdite” Dolby Digital Plus e DTS-HD High Resolution Audio, Dolby e DTS hanno sviluppato dei sistemi di compressione “senza perdite” (lossless), che permettono di ritrovare interamente la banda audio originale.

Dolby Laboratories ha prodotto il Dolby TrueHD che utilizza la compressione senza perdite MLP (Meridian Lossless Packing), già usata sui DVD audio, rispetto ai quali vanta un’ampiezza di banda e un numero di canali audio doppio (18 Mbps al massimo e 14 canali audio).
Questo sistema di compressione offre uscite su 2, 4, 6, oppure 8 canali – con una resa audio perfettamente corrispondente all’originale – ed anche dei flussi stereo e 5.1.

L’ampiezza di banda varia a seconda delle caratteristiche del segnale originale, per esempio un flusso audio su otto canali a 24 bits/48 KHz, richiede mediamente 4,7 Mbps con un picco di 6,6 Mbps. Il bandwidth originale, senza compressione MLP, è di 9,2 Mbps.
Come avrete potuto notare, ci siamo limitati a considerare solamente un sistema 7.1, senza andare oltre quanto a numero di canali.

Canali e prestazioni a confronto
In casa DTS, l’equivalente “senza perdite” del Dolby TrueHD prende il nome di DTS-HD Master Audio: offre un’ampiezza di banda dichiarata di 24,5 Mbps sui Blu-ray, un massimo di otto canali (7.1) a 24 bits/96 KHz e un flusso audio dichiarato identico a quello originale.

Almeno sulla carta, le potenzialità del sistema DTS-HD sembrano inferiori rispetto a quelle del Dolby TrueHD, in particolare per quanto riguarda il numero di canali audio disponibili, anche se un numero di canali tanto elevato, per il momento, è utile a Dolby soltanto per farsi pubblicità, in quanto non possono essere ancora sfruttati per la mancanza di dischi o trasmissioni opportunamente codificate.

DTS, a differenza di Dolby, non ha dato due nomi molto differenti alle sue tecnologie HD, così le espressioni High Resolution Audio e Master Audio non indicano nulla di realmente diverso l’una dall’altra e rischiano di non essere neppure ricordati a causa della loro eccessiva lunghezza.

Sfruttare tutte le potenzialità di un sistema audio HD richiede alcuni accorgimenti, tra cui uno realmente indispensabile, almeno allo stato attuale di questa tecnologia, cioè l’uso di una connessione HDMI tra la sorgente (ad esempio il lettore HD) e l’amplificatore.
Se il lettore è però dotato di un decoder e degli appropriati convertitori, si può anche optare per una connessione analogica, che richiede la presenza di ingressi diretti sul sistema di amplificazione.

Trasferimenti e interfacce
Fatta questa premessa, le cose ora diventano più complicate perché l’interfaccia HDMI non funziona in modo così semplice come si potrebbe credere, esistono infatti due modalità di trasferimento dati tra il lettore HD e l’amplificatore A/V.
Si potrebbe pensare immediatamente al trasferimento digitale in flusso raw o bit-stream, ma questa soluzione – che peraltro richiede un’interfaccia HDMI 1.3 – è appena arrivata sulle apparecchiature più recenti.

La formula invece utilizzata consiste nell’effettuare il decoding nel lettore e di trasferire dei flussi PCM (il classico formato digitale) mediante il cavo HDMI, mentre l’amplificatore A/V ha il compito di effettuare la conversione da digitale ad analogico.

Si tratta di una via di mezzo, che riesce a garantire la piena compatibilità dei vecchi (talvolta usciti da pochi mesi…) sistemi audio/video con i più recenti formati audio Dolby TrueHD e DTS-HD Master Audio. Il cavo HDMI può anche permettere il trasferimento di un flusso digitale raw durante la lettura di un DVD con audio Dolby Digital o DTS; in questo caso è l’amplificatore A/V che permette il decoding.

Da tutto questo possiamo ricavare due utili indicazioni: la prima è che si può utilizzare un amplificatore A/V privo del sistema di decoding dei formati audio HD, a patto che esso accetti dei flussi PCM attraverso gli ingressi HDMI; la seconda è che non è possibile ancora sfruttare le ultime versioni dell’interfaccia HDMI. In una simile situazione, saranno più le buone capacità del lettore HD a determinare principalmente la qualità finale dell’audio.

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