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La nuova Radio Rai all digital: intervista al direttore Roberto Sergio

Con Roberto Sergio, da oltre quattro anni alla guida della radiofonia del servizio pubblico, facciamo il punto sul nuovo corso intrapreso dalla proposta editoriale di Radio Rai, di pari passo con la completa digitalizzazione del settore.

Che tipo di impatto ha avuto la rivoluzione digitale e quali ambiti ne hanno beneficiato di più dal punto di vista editoriale e tecnologico?

Qualche mese fa, quando la transizione al digitale era appena terminata, parlavamo di radio evolution. E giustamente lei parla di rivoluzione digitale. Ogni aspetto della radio è stato toccato dalla digitalizzazione. La nostra è stata una scelta strategica precisa. Cambiare pelle per tornare leader nel settore dell’intrattenimento audio e proiettarci con forza verso le produzioni multimediali. Oggi Radio Rai è un polo produttivo all’avanguardia della Rai, in grado di realizzare dal più semplice programma radio al più complesso show video come è stato nel caso di Viva RaiPlay con Fiorello o Ama Sanremo con Amadeus. Rimanere esclusivamente audio ci avrebbe penalizzato in un mercato che ha ormai abbattuto i confini fra i mezzi e si muove sulla base dei contenuti. Venendo in particolare a cosa è cambiato: tutte le produzioni interamente digital, gli studi totalmente rifatti in modalità visual, i nuovi canali digitali verticali che hanno portato a 12 l’offerta complessiva. Insomma, un salto rispetto a pochi anni fa che ci colloca oggi di nuovo al top dell’industria dei contenuti.

Radio Rai
I dodici canali verticali che costituiscono l’offerta della radiofonia pubblica

Avete scommesso sulla “radio in tv”: quali sono i casi di successo, ci sono nuovi progetti in cantiere, cosa porta in più questo format in termini di ascolti, fidelizzazione del pubblico?

La nostra scommessa è dare alla radio la possibilità di essere fruita sulle piattaforme native video. Mi riferisco quindi soprattutto ai social e al web dove il solo audio è sconfitto in partenza. Se la radio vuole allargare i propri confini e andare a intercettare nuovi pubblici, deve necessariamente approdare a quelle piattaforme in cui, come dicevo, senza video non si ha successo. Per questo abbiamo aperto la nostra visual radio, che poi, per effetto della convergenza digitale è visibile anche sui televisori connessi. In termini di ascolto, i primi dati che abbiamo ricevuto da Auditel sono estremamente confortanti, sia in termini assoluti, sia per la costante crescita. E inoltre, il tempo di permanenza sulle tv connesse ci premia ancora una volta. Insomma, per ora, bilancio estremamente positivo, migliore delle aspettative. Nel 2021 apriremo delle finestre video anche per tutti gli altri canali. Non la diretta continua come per Radio 2, ma aree di palinsesto.

Visual Radio: gli ascolti a fine 2020

In attesa di rilevazioni più attendibili, crescono secondo Auditel online i telespettatori della Visual Radio di Rai Radio 2. Nel solo mese di novembre, si è avuta una crescita di circa il 25% che porta nella settimana 23-29 novembre a oltre 50mila il totale delle ore di visione di Radio 2 visual, un numero importante che posiziona il canale radio diretto da Paola Marchesini nelle prime posizioni fra i canali Rai più visti online. Molto alto il tempo di permanenza: quasi 40 minuti in media per ogni sessione di visione. Predominante l’accesso da pc, ma in aumento la quota di accesso da smart tv.

Quanto contano oggi i social nella strategia di Radio Rai?

Credo che qualsiasi brand, soprattutto se legato al mondo media, debba giocarsi la sua partita anche sui social. I nostri canali sono tutti presenti sulle piattaforme con numeri importanti e trend in crescita. Da poco abbiamo aperto le pagine Facebook e Instagram per Rai Radio. Non quindi contenuti editoriali, ma un’area di discussione e stimolo sui temi di indirizzo del mondo radio. Un settore finora lasciato scoperto dalle grandi radio che ci è sembrato giusto presidiare.

La sinergia con Raiplay: dove può condurre?

Nella stessa direzione in cui sta andando la sinergia produttiva. Come radio, portiamo il nostro know how su due fronti: la filiera produttiva estremamente corta che ci rende molto competitivi e la capacità di fare storytelling. Questi due asset restano anche nelle sinergie con Rai Play di cui saremo sempre più content creator.

La presenza su RaiPlay

Radio Techeté: cosa ci aspetta nella prossima stagione?

Mi fa piacere che lei abbia citato proprio questo canale, perché fra i nostri 12 è quello dedicato al mantenimento della memoria, alla storia della Rai, e alla storia degli italiani. È il canale che rende vivo il ricordo, ritrasmettendo interi programmi del passato, facendone riscoprire l’incredibile modernità. Per il 2021 posso anticipare un tema che so starà a cuore di molti ascoltatori. Celebreremo i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, in una modalità nuova, con due grandi voci al microfono. Non posso aggiungere di più, ma si tratta di una produzione che credo rimarrà un classico in futuro.

Il ruolo sempre più centrale dei podcast, il cui gradimento e consumo sono in crescita: che ruolo avranno nella radio dei prossimi anni?

Credo che la portata del fenomeno ancora sfugga al mercato italiano, che sta sottovalutando il tema. Siamo di fronte a quello che è successo pochi anni fa con il passaggio della tv da palinsesto all’on demand. Personalmente sto spingendo molto perché credo che Rai debba svolgere su questo settore un ruolo da leader, avendo contenuti, competenze, strutture produttive. Ci sono tutte le condizioni perché questo avvenga e credo che andremmo a offrire un servizio importante per il pubblico, anche se dovremo recuperare il ritardo che abbiamo accumulato.

È ancora il DAB il futuro delle radiotrasmissioni? Il segnale FM (analogico) è destinato davvero allo spegnimento? E con che tempi in Italia?

Il futuro (anzi, il presente e il prossimo futuro) è il segnale digitale. Che sia DAB, IP o ibrido. Assorbe meno energia, trasmette più canali, è multimediale. Esattamente come il digitale terrestre televisivo. Ma l’FM non si spegnerà. Al momento le direttive sono molto chiare: finché ci saranno ascoltatori in FM, il servizio rimarrà in funzione. Ovviamente è un costo aggiuntivo per le radio, dal momento che si tratta di tenere in piedi due infrastrutture parallele, ma credo che sia corretto dare a tutti la possibilità di ascoltare la radio, anche a quelle fasce di popolazione più indietro nel percorso di alfabetizzazione digitale.

Qualche cenno ai dati di ascolto più significativi del palinsesto?

Qui si apre un tema complesso e doloroso. Come sa, Rai Radio da tempo contesta la metodologia di rilevamento degli ascolti, effettuata solo con interviste telefoniche. Un metodo totalmente inadeguato che, nel migliore dei casi, ci dice quali radio sono le più note in Italia, con circa sei mesi di ritardo rispetto alla rilevazione. Auspichiamo che Ter, Tavolo Editori Radio, accolga presto le nostre istanze per una rilevazione con meter, più fedele alla realtà e tempestiva. Nell’attesa, abbiamo attivato in Rai una ricerca con meter autonoma che sta iniziando proprio in queste settimane a darci alcuni risultati che però sono a esclusivo uso interno. Tutto ciò per dire che parlare di dati di ascolto dei programmi sarebbe un bel tema. Se ci fossero e fossero attendibili.

Chi sono oggi i vostri concorrenti diretti?

Fino a qualche anno fa le avrei risposto citando Rtl, Radio Deejay, Rds, Radio 24 e così via. Oggi, a questi soggetti aggiungo Spotify, YouTube, Pandora, Deezer, Amazon Music. E, per altri motivi, Alexa e Google Home. Ecco l’errore più grande che si può fare oggi in radio: pensare solo alle altre radio. Il mondo è cambiato. Bisogna confrontarsi con altri soggetti, andando a competere o, perché no, a creare partnership.

Visual radio, si ascolta con gli occhi

 

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