Aprile 2009. Il predecessore delle moderne smart card è stata la PIC Card, una scheda a circuito stampato compatibile con le specifiche ISO7816, standard che regolamenta le caratteristiche meccaniche, elettriche ed elettroniche di alcuni tipi di card, dove spicca il piccolo processore PIC16C84.
Il concetto è semplice: si utilizza un processore comune, il PIC16C84 molto utilizzato nelle schede di pilotaggio dei cancelli elettici, su cui memorizzare il protocollo di comunicazione tra decoder e card.
La piccola dotazione di memoria del processore è utile per memorizzare le chiavi operative (keys), unico dato in continuo aggiornamento e indispensabile alla decodifica del segnale.
Questa tipologia di card ha avuto un’enorme penetrazione e beneficiato di un grande sviluppo, tant’è che ancora oggi si possono trovare in commercio smart card di grande potenza elaborativa.
Dalle prime PIC l’esigenza primaria, come si può intuire, è stata quella di avere a disposizione i mezzi hardware per la programmazione, ovvero per scrivere sia il firmware sia le chiavi sulla card.
Ed anche in questo campo l’inventiva ha avuto il sopravvento: in poco tempo si è assistito infatti alla nascita di decine di programmatori, dai più rozzi e dozzinali sino ai più sofisticati, capaci di programmare varie tipologie di smart card e, in tempi più recenti, anche le CAM.
Per dover di cronaca vanno citate anche le MOSC (Modified Original Smart Card) smart card originali modificate ottenute dalla riprogrammazione di schede originali scadute.
Utilizzando un apposito programmatore, collegato ad un computer, è possibile inviare al microprocessore della card gli stessi comandi trasmessi dall’operatore per abilitare o disabilitare un determinato pacchetto di canali.