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Smartglasses con realtà aumentata: sei modelli disponibili

Arrivati all’attenzione del grande pubblico grazie soprattutto all’ambizioso progetto Google glass, in realtà a tutt’oggi gli smartglasses restano uno degli oggetti più oscuri della galassia wearable e del mondo dell’elettronica di consumo in generale.

Al momento, le grandi aspettative legate alla realtà aumentata sono andate deluse, per diverse ragioni.

Prima di tutto, l’attuale difficoltà nel mettere a punto modelli veramente pratici. A causa della massiccia presenza di componenti elettronici infatti, peso e dimensioni restano troppo alti per pensare a un utilizzo diffuso.

Soprattutto anche le applicazioni non si sono rivelate così intriganti come promesso. Almeno, per una fetta di pubblico abbastanza grande da giustificare importanti investimenti a lungo termine.

Tuttavia, gli smartglasses non sono morti. Anzi, imparta la lezione in diversi si sono rimboccati le maniche e sono tornati al lavori per risolvere i limiti e trovare nuove opportunità. I risultati non sono da disprezzare.

In diversi ambienti professionali, a partire da logistica, progettazione e formazione, sono una realtà affermata, spinti da fattori cruciali quali la prospettiva di migliorare efficienza e ridurre i costi. Anche nel mondo consumer però, non mancano proposte interessanti, al momento però, anche molto mirate.

Vuzix, la caparbietà paga

Attualmente, il principale protagonista del settore, anche solo per essere uno dei pochi a crederci veramente e a dedicarci tutte le forze, è Vuzix. Soprattutto nel mondo aziendale, i risultati non mancano, a fronte però di investimenti costanti e una incessante opera di promozione sul campo. L’offerta è varia come pochi altri possono vantare, e al suo interno Blade è il modello più vicino al concetto di occhiale tradizionale.

Per essere definiti tali nel senso più completo del termine, gli elementi essenziali di un paio di smartglasses sono prima di tutto un proiettore in grado di sovrapporre le immagini alla visuale attraverso le lenti. Inoltre, anche microfono e speaker ormai canno considerati di serie, così come la superficie delle stanghette sensibile al tocco, utilizzate per i comandi.

In un occhiale destinato a un’utenza diffusa, tutto questo deve naturalmente occupare meno spazio possibile, essere opportunamente nascosto alla vista e protetto da urti e intemperie. In più, è necessario garantire la connettività e ovviamente l’autonomia.

Come prevedibile, tutto questo ha ripercussioni importanti su dimensioni e peso. La vera abilità è studiare il modo per distribuirli nel modo più equilibrato possibile, sviluppando all’occorrenza componenti su misura, per arrivare a curare anche l’aspetto estetico.

Grazie alla tendenza attuale dove sono favorite montature comunque vistose, Blade si avvicina molto. Il sistema ha tutto quanto ci si aspetta, e anche qualcosa di più. Per quanto sicuramente vistosa, la montatura si rivela proporzionata. Al suo interno, integrate anche una fotocamera da 8MP, frequente ma non scontata, e uno slot per schede di memoria Micro SD. Per questo, oltre alla connessione Bluetooth, si rivela utile anche il chip Wi-Fi. Inoltre, speaker e microfono permetto di sfruttare l’interazione vocale.

Anche in assenza di applicazioni verticali, spesso uno degli ostacoli principali, i Vuzix Blade possono tornare utili a tutto. L’app di serie permette infatti di gestire messaggi e chiamate a mani libere. Dall’ascolto di musica alla dettatura di messaggi, l’idea è offrire l’opportunità di restare connessi anche in movimento senza dover tenere in mano lo smartphone.

Oltre a scattare immagini e riprendere video direttamente dalla visuale personale, la realtà aumentata torna utile per la navigazione o per altre indicazioni utili, anche localizzate, o durante un’attività fisica.

Prospettive certamente invitanti, al momento però ancora poco incoraggiate dalla carenza di applicazioni in grado di coglierne il valore al di fuori di ambienti professionali ben delimitati. Altro potenziale freno, il prezzo. Per quanto in rapida discesa, 799 dollari resta una cifra difficile da giustificare.

L’esperienza Epson al servizio anche degli smartglasses

Non a caso, nonostante il grande e costante impegno profuso già da alcuni anni, Epson guarda quasi esclusivamente alle applicazioni già affermate. L’unico modello dotato di videocamera, Moverio BT-300, non è più disponibile. Quello che si avvicina di più a un impiego diffuso sono i Moverio BT-35E. pensati soprattutto per lavorare a mani libere, visualizzando contenuti anche complessi, prodotti da più dispositivi sfruttando la  la connettività HDMI o USB-C.

Dall’operatore in cantiere impegnato a confrontare il progetto con l’andamento dei lavori, al tecnico di assistenza guidato a distanza durante un intervento di sostituzione, oppure al gruppo di ingegneri alle prese con la messa a punto di un prototipo, le applicazioni anche particolari e innovative non mancano.

Lasciando ben poco spazio a un impiego diffuso, a parte una comunque potenziale applicazione nella rappresentazione 3D dei contenuti virtuali. Interessante invece l’originale studio delle forme, pensato per essere indossati anche al di sopra di normali occhiali da vista.

In alternativa, Epson propone anche un’altra applicazione meno circoscritta, a condizione però di passare a un altro modello. I Moverio BT-40 possono infatti essere utilizzati come schermo alternativo a un PC o più verosimilmente a un notebook. Un’opportunità tanto più interessante quanto più si sente l’esigenza di privacy utilizzando il proprio computer in pubblico.

Si parla comunque di strumenti di alto livello, come di conseguenza i prezzi. Pur restando tra i più abbordabili della gamma smartglasses Epson, i Moverio BT-35E costano 793 euro, mentre i Moverio BT-40 646,60 euro.

Google non sta a guardare

Nonostante le attese deluse, a Google va comunque riconosciuto di aver portato alla ribalta del grande pubblico il tema smartglasses. Un progetto comunque per nulla accantonato, ma allineato alle tendenze del momento di preferire riscontri certi anche se limitati in un ambito ristretto invece di affrontare una sfida ancora prematura nel mondo consumer.

Le aziende pronte a dare fiducia a Google non mancano di certo. Non è stato quindi difficile trovare clienti interessanti a integrare i Glass Enterprise Edition 2 nella propria dotazione e contribuire in qualche modo allo sviluppo, nella speranza di poter contare in futuro su una rendita di posizione.

Le linee sono quelle più sfruttate per il contesto di riferimento, vale a dire con il visore esterno, sovrapposto alla lente e non all’interno come si tende a fare per i modelli di largo consumo. Il display misura 640×360 pixel, mentre la sezione audio è composta da singolo speaker e tre microfoni.

L’insieme è studiato per raccogliere consensi in quattro settori principali, anche in prospettiva futura. Prima di tutto, la manifattura, quale supporto per esempio agli operari nelle catene di montaggio, riducendo i tempi per il posizionamento dei pezzi e migliorando la precisione delle operazioni.

Nella logistica invece, gli smartglasses sono uno strumento abituale già da tempo. Probabilmente, uno dei primi in assoluto, grazie anche a una precedente confidenza con i wearable, con guanti, palmari, bracciali  e altri accessori indossabili usati di regola in tanti magazzini.

Discorso molto simile per l’assistenza tecnica e la formazione. Sovrapporre immagini alla visuale di un tecnico sul posto di un intervento, garantisce di mettere a disposizione le migliori competenze, al servizio di più addetti a prescindere dalle distanze.

Infine, il settore forse più promettente per applicazioni e volumi, la Sanità. Dal supporto a distanza ai medici per interventi delicati, al maggiore coinvolgimento dei pazienti, sono già diversi i casi di successo emersi dal settore.

Difficile parlare di prezzo, anche perché oggi i Google Glass rientrano in progetti più articolati. Nel 2013, in occasione del lancio, il prezzo era intorno ai 1.300 euro.

Everysight si lancia nella volata

I tentativi di sondare il terreno anche nel mondo consumer tuttavia non mancano. Soprattutto, è il mondo dello sport ad attirare la maggiore attenzione. La possibilità di avere in tempo reale a portata di vista una serie di indicatori sulla prestazione senza distogliere lo sguardo dalla competizione o dalla strada, presenta indiscussi vantaggi. D’altra parte, da conciliare con ancora più attenzione con peso e ingombro per non rivelarsi un impaccio.

Uno dei risultati più interessanti è quello di Everysight. I Raptor si possono considerare infatti uno degli esempi meglio riusciti di realtà aumentata applicata agli smart glasses

La montatura richiama molto da vicino degli occhiali tecnici. Come facile prevedere, più grandi e massicci. Lo stretto indispensabile a racchiudere tutto il necessario. Prima di tutto, il proiettore singolo a ridosso del nasello sulla lente di destra. Utilizzato in diversi modi. A partire da una sorta di cruscotto con tanto di tachimetro e gli altri  parametri di viaggio, con ampi spazi di personalizzazione.

Inoltre, collegati all’app, i Raptor visualizzano la mappa, comprese le ciclopedonali e aiutano ad arrivare a destinazione guardando sempre avanti. Ancora, la fotocamera integrata permette di scattare immagini e registrare video usando i comandi a sfioramento sulla stanghetta.

Considerata anche la natura social del progetto Everysight, intenzionato a creare una community nella quale scambiare opinioni e condividere avventure, facile prevedere apprezzamenti per la possibilità di sovrapporre i dati di marcia ai video, ma non alle foto.

Il sistema è naturalmente completo di strumenti audio per gestire le chiamate, mentre i messaggi Whatsapp vengono visualizzati direttamente sul display. Unico problema in queste situazioni, in movimento i rumori ambientali compromettono anche pesantemente la qualità di una conversazione.

Partito con grandi ambizioni, e inizialmente raccogliendo buoni consensi, ultimamente l’entusiasmo nei confronti degli Everysight Raptor si è un po’ raffreddato. Probabilmente, anche per via di un prezzo comunque impegnativo di 759 euro per la versione con 16 GB di memoria interna a uso di foto, video e musica. Per chi ha difetti alla vista, disponibile anche un adattatore per lenti correttive.

Nella scia di Solos verso il traguardo

Un ragionamento simile è seguito anche dall’americana Solos. Fermo restando la volontà di rivolgersi alla platea dei ciclisti, ma senza disdegnare anche il potenziale interesse dei runner, in questo caso si punta a un publbico più alto per livello di preparazione.

Gli smartglasses sono pensati infatti per visualizzare i dati istantanei legati soprattutto alla prestazione oltre ai semplici parametri di marcia. Da raccogliere e inserire nell’app a fine allenamento o gara per ottenere analisi specifiche.

Quindi, Solos fa a meno di tutti gli elementi non considerati strumentali alla prestazione. Eliminati fotocamera, microfono e speaker, resta il visore, montato davanti alla lente. A parte l’evidente asimmetria, ne derivano occhiali più lineari, non molto diversi da quelli abituali.

Resta invece il supporto alla navigazione, ma più di ogni altra cosa, l’attenzione è rivolta alle metriche legate alla prestazione, come cadenza, potenza o rimo di pedalata. Nel caso di lavoro di squadra, dati da inviare direttamente all’allenatore il quale può a sua volta avere sotto controllo la situazione dell’intero gruppo.

Anche in questo caso però, il progetto sembra attraversare una fase di stallo. Anche se la strada intrapresa resta certamente interessante, probabilmente la tecnologia non è ancora matura per il mercato. In questo caso addirittura, Solos non propone un prezzo ufficiale, invitando a contattarla direttamente.

Snapchat vuole fare bella figura

Meritano infine almeno un accenno anche gli Snapchat Spectacle, anche solo per il breve periodo di gloria di cui hanno goduto al momento del lancio. In realtà, difficile parlare di smartglasses considerando la mancanza di un visore per la realtà aumentata o di un altro modulo interattivo.

Più che altro si tratta di un dispositivo alla moda, una sorta di via di mezzo tra smartglasses e occhiali da sole, dove la componente di tecnologia è limitata a due ottiche montate ai lati delle lenti.

L’idea comunque interessante è poter passare dallo smartphone agli occhiali le mansioni foto e video. In particolare, sfruttando la doppia ottica per realizzare contenuti dall’effetto tridimensionale. Da rivedere naturalmente con un apposito visore.

La realtà virtuale non è comunque del tutto assente. I contenuti ricavati dagli Spectacle 3 possono essere sfruttati per realizzare materiale da distribuire attraverso YouTube VR.

La configurazione prevede sensore da 3 MP, 4 GB di memoria interna e GPS utile a contestualizzare le riprese. Lo spiccato orientamento alla moda, porta comunque il prezzo a livelli piuttosto elevati considerate le caratteristiche. Completi di caricatore e visore 3D, il prezzo è di 370 euro.

 

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