Colpo durissimo inferto dalla Polizia di Stato allo streaming illegale di Pay TV.
Le forze dell’ordine sono intervenute in modo massiccio e capillare, con oltre 200 agenti della Polizia Postale di ben 11 compartimenti regionali.
18 le province interessate dall’azione sul campo, che ha permesso di smantellare una ramificata organizzazione criminale e la sua infrastruttura tecnologica.
La Polizia è da molto tempo impegnata a contrastare il fenomeno delle IP TV illegali, vera e propria spina nel fianco delle piattaforme legali di contenuti in streaming. Ad essere colpite da queste attività illegali praticamente tutte le principali società attive in italia: fra le altre Sky, Dazn, Mediaset, Netflix e non solo.
Il lavoro delle forze dell’ordine ha permesso di individuare le sorgenti dalle quali viene distribuito il segnale piratato.
Il Pubblico ministero titolare ha contestati ai 45 indagati i reati di associazione a delinquere finalizzato alla commissione dei delitti di accesso abusivo a sistema informatico protetto da misure di sicurezza (615 ter aggravato c.p.), di frode informatica aggravata dall’ingente danno arrecato (art. 640 ter c.p.) e di abusiva riproduzione e diffusione a mezzo Internet di opere protette dal diritto di autore e opere dell’ingegno (art. 171 ter legge n. 633/1941).
La disattivazione (e conseguente sequestro) del principale snodo identificato a Messina ha avuto effetti significativi sullo streaming illegali.
Infatti, le forze dell’ordine hanno sottolineato che questo “centro operativo” era responsabile dell’’80% del flusso illegale IPTV italiano.
I contenuti originali vengono acquistati regolarmente dalle piattaforme di Pay TV dai principali responsabili dell’organizzazione criminale. In seguito, grazie alla efficiente struttura tecnologica, vengono convertiti in flussi di dati e trasmessi a tutti gli altri appartenenti all’organizzazione. I quali, a loro volta, li vendono a utenti finali a prezzi decisamente più bassi di quelli legali.
Per la visione degli streaming illegali è sufficiente una connessione ad internet a banda larga e uno strumento in grado di riprodurre lo streaming illegali, noto anche come “pezzotto”.
Le indagini hanno evidenziato la presenza su Telegram, nei social network e in numerosi siti web di bot e profili che pubblicizzavano la vendita di contenuti a pagamento (illegali) tramite IPTV delle più note piattaforme. Una struttura molto efficiente, come abbiamo già sottolineato. In cui anche il marketing viene tenuto in grande considerazione.
La pericolosità del fenomeno è strettamente legata alla scarsa percezione di un grande numero di utenti sulla reale gravità del reato.
Sono i numeri a testimoniarlo, con oltre un milione e mezzo di “clienti” responsabili di un giro di affari di circa 15 milioni di euro mensili. Sottratti alle piattaforme di streaming e fatti confluire nelle tasche dei criminali.