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Wearable, oltre lo smartwatch: sport, salute e benessere

Sono ormai praticamente già diventati un ricordo i tempi in cui lo smartwatch si era presentato al mercato sostanzialmente come una sorta di telecomando dello smartphone per notifiche su chiamate e messaggi.

Non è infatti servito molto tempo prima di assistere a una trasformazione completa in dispositivi autonomi, ricchi di funzionalità e pronti a offrire nuove opportunità. Dal punto di vista consumer, i capostipiti di una generazione di nuove proposte di natura diversa in grado di cambiare le nostre abitudini, raccolte sotto le insegne dei wearable.

Gli aspetti legati alla salute, frutto della comparsa dei primi sensori per leggere la frequenza cardiaca e monitorare il movimento quotidiano, hanno aperto un nuovo importante mercato nel quale si sono prontamente buttati in tanti. Nello stesso tempo, l’offerta ha iniziato a crescere in diverse direzioni. Da una parte smartwatch sempre più ricchi e sofisticati, di conseguenza anche costosi. Dall’altra, braccialetti smart, tracker o fitband, con le sole funzioni di base, un display in genere monocromatico e ingombro minimo. A prezzi accessibili praticamente a tutti, anche di poche decine di euro.

Ormai sono diverse le mansioni affidate a un wearable. Dati come frequenza cardiaca e attività fisica giornaliera sono ormai dati per scontati. A evolvere semmai, è la modalità di rilevarli, allargando il raggio d’azione dai tradizionali wearable da polso alle soluzioni più disparate, dalle smart patch ai sensori nelle suole oppure direttamente nel tessuto.

La prossima sfida è già iniziata

Oggi la vera sfida va oltre, nel trovare nuovi parametri da monitorare. Soprattutto, con la necessaria affidabilità. Superato il limite di ingresso nel campo medico, si apre infatti un mondo di prospettive totalmente nuove e dall’enorme potenziale. Il problema non è tanto integrare valori come saturazione del sangue, pressione arteriosa, livello di glucosio, ossigenazione e controllo dei movimenti. Sono infatti diversi i dispositivi pronti a proporre tali funzioni. Il nodo è riuscire a farlo in modo pratico e affidabile. Abbastanza da ottenere il consenso degli utenti nell’indossare il wearable e soprattutto in grado di superare i test per ottenere le certificazioni.

Parallelamente, si aperta la sfida delle relative app. A quelle istituzionali indispensabili per collegare il wearable allo smartphone e sincronizzare i dati per le relative analisi e le immancabili condivisioni, si sono affiancate quelle più mirate, dallo sport alla salute.

Facile intuire di conseguenza come sia esplosa anche l’offerta. Dalla grande multinazionale alla piccola startup, i wearable sul mercato aumentano praticamente ogni giorno. Tanti di loro, hanno già visto chiudere una storia molto breve, lasciando comunque esperienze utili per un mercato ancora solo agli inizi, per buona parte da scoprire e dove è facile prevedere anche una fase di consolidamento.

L’emergenza sanitaria accelera la crescita

Secondo IDC, nel terzo trimestre 2020 il settore ha registrato una crescita annuale del 35,1%, per un totale di 125 milioni di prodotti consegnati su scala mondiale. Nel corso dell’anno la tendenza alla crescita già iniziata in precedenza ha inoltre registrato una spinta positiva dall’emergenza sanitaria. Tra le ragioni, la pronta reazione dei produttori a inserire funzioni come rilevamento della temperatura o livello di ossigenazione del sangue, ma anche ad aggiornare le relative app in chiave di prevenzione al Covid-19.

Restringendo l’analisi al mercato EMEA, sempre IDC indica una crescita del 15,8%, con tre milioni di nuovi wearable acquistati. Un dato però fortemente influenzato dai cosiddetti hearable, vale a dire auricolari smart totalmente wireless con funzioni di controllo integrate nel dispositivo. Subito dopo, le preferenze sono andate ai tracker di base, i modelli più semplici per funzioni ed economici. Insieme, le due categorie rappresentano l’88,7% del venduto in termini numerici.

Lo smartwatch, wearable per eccellenza

Per quanto l’offerta sia ampia, al momento il vero e proprio simbolo dei wearable resta lo smartwatch. Tra i tanti dispositivi arrivati all’attenzione del grande pubblico grazie a Apple, oggi sono diventati la regola al polso di tantissime persone, grazie anche a una enorme possibilità di scelta.

Nel terzo trimestre 2020 IDC ha registrato un aumento globale nelle vendite del 15,2% in un anno, sempre sotto la spinta di un potenziale alleato in fase di prevenzione. Forse almeno in parte a sorpresa, settore guidato da Samsung, grazie anche ai consensi raccolti dal nuovo Galaxy Watch 3. Anche davanti a Apple Watch, dal cui Serie 6 si aspettano risultati più significativi nell’ultima parte del 2020. Il terzo posto è occupato da Garmin, molto più specializzata nel settore sport, davanti a Fitbit, pioniere del binomio tra smartwatch e salute.

Diverse le strategie adottate dai principali produttori. Di fronte a una Apple imperterrita nel rispettare la filosofia di proporre un solo modello Watch rinnovato ogni anno con al massimo una variante, si trova invece la più versatile Samsung, impegnata più su larga scala, proponendo tre modelli, rinnovati regolarmente. Allo sportivo Galaxy Watch 2 si affiancano infatti il classico Galaxy Watch e il più semplice Galaxy Fit.

Nel primo caso, la ricerca spinta di novità resta una delle motivazioni principali. Apple è stata la prima a livello consumer a sfruttare il proprio hardware per individuare segnali affidabili di problemi al cuore quali fibrillazione atriale, apnea notturna o aritmie. Inoltre, utilizzare i sensori per seguire i movimenti di una persona, soprattutto chi vive da solo, riconoscere anomalie riconducibili a potenziali cadute e inviare in automatico allerta. Più recente invece, l’attenzione a fitness e sport. In particolare, in alcuni Paesi è disponibile Fitness+, una sorta di lezione di gruppo virtuale, appoggiata a un tablet o anche a un TV, con tanto di coach a impartire le istruzioni in diretta.

Garmin invece, coltiva la propria vocazione per lo sport. I dati di partenza non sono molto diversi, sfruttati però per aumentare precisione e quantità delle informazioni in fase di analisi. Non a caso l’offerta principale è organizzata proprio per tipo di sport praticato. Nel caso del ciclismo, cambiando la tipologia dispositivo, dallo smartwatch al ciclo computer, mantenendo invariata la filosofia. Tra i punti di forza, funzioni dedicate alla disciplina. Per esempio, nel caso del golf si arriva a memorizzare le mappe dei circuiti più conosciuti al mondo. Più in generale, un obiettivo è guidare letteralmente l’atleta a ottenere il meglio di sé, fornendo analisi dettagliate e proponendo programmi di allenamento in base agli obiettivi, tendendo sempre in considerazione lo stato di forma.

Dal canto suo, Fitbit appare tra le più dinamiche. Se attualmente il modello più rappresentativo è il Versa 3, in attesa di assistere ai cambiamenti dettati dall’acquisizione da parte di Google la vera scommessa è il più completo Sense, erede tutto orientato alla salute del meno fortunato Ionic. Senza dimenticare l’offerta di tracker  comprendente Inspire 2, la versione per bambini Ace 2 e l’insolito Charge 4, quasi una via di mezzo.

Tra i più convinti sostenitori del supporto all’attività fisica, il traguardo dei diecimila passi giornalieri è stato a lungo punto di forza dei dispositivi Fitbit, prima di essere prontamente seguita da praticamente tutti i rivali. Più di recente, l’idea si è evoluta in un più elaborato e completo calcolo dei minuti attivi. Al riguardo, diversi seguono le metriche PAI, Personal Activity Intelligence, per un quadro più completo dello stato di salute.

Wearable e medicina, matrimonio d’interesse e di salute

Nella grande confusione diffusa degli ultimi mesi, una delle poche certezze emerse è il prossimo terreno di sfida, il settore medico. Dispositivi in grado cioè non solo di rilevare parametri per i quali fino a oggi erano necessari apparecchi dedicati o addirittura personale specializzato. Dal semplice andamento della frequenza cardiaca alla ricerca di potenziali anomalie, all’interpretazione del movimento per individuare possibili cadute di persone sole in casa, si è rapidamente passati a valori più accurati su apnea notturna, ossigenazione del sangue e si inizia a parlare di misurare la pressione e i livelli di glucosio nel sangue.

La prospettiva più stimolante è l’applicazione alla telemedicina. Raccogliere dati sul paziente senza che debba uscire di casa o comunque raggiungere un laboratorio, tutto il giorno e in situazioni reali va a vantaggio di tutti. Del paziente, più a proprio agio e con la sensazione di non essere mai lasciato solo, al medico in grado di effettuare diagnosi più rapidamente con informazioni più complete, fino al sistema sanitario nazionale con la prospettiva di ottenere importanti risparmi.

Per tutti i produttori, più della funzione in sé, ormai diventata la regola, la vera sfida sono le certificazioni. Oltre a essere infatti giustamente esigenti visto il campo di applicazione, ogni area geografica ne richiede una. Per intendersi, quella ottenuta negli USA non vale in Europa, e viceversa. Quella rilasciata dalla UE non è valida in Gran Bretagna e viceversa.

Ogni giorno un nuovo wearable

Sulla scia di tanta rapida popolarità si è prontamente sviluppata una serie di progetti più svariati. Dalle semplici alternative, o complementi allo smartwatch, anelli, guanti, collari o evoluzioni di auricolari, l’attenzione si è presto estesa al mondo della salute e del benessere.

In questo caso un terreno dove protagonisti al momento sono soprattutto startup e dove solo di recente si è manifestato l’interesse dei grandi nomi dell’elettronica e di quelli legati alla Sanità professionale. Di conseguenza, le proposte più interessanti sono da cercare sui siti di crowdfunding, a partire dai popolari Kickstarter o Indiegogo.

Qua, la fantasia non ha praticamente limiti. Se tanti progetti hanno comunque vita breve, le proposte interessanti non mancano. Dalla semplice evoluzione di sistemi per massaggi di ogni foggia ed esigenza, uno dei settori a raccogliere più consensi sono le soluzioni per contrastare il russare, appoggiandosi a sensori per analizzare respiro o posizione durante il sonno.

Popolari anche i wearable per favorire relax o direttamente il sonno. Si può partire da comuni auricolari adattati all’esigenza, pronti a tradurre onde cerebrali e relativo stato d’animo in melodie concilianti, a una serie di fasce per occhi, testa o collo per interagire con il sistema neuronale e agire di conseguenza. Oppure, una versione rivisitata del tradizionale cuscino.

Come facile prevedere, negli ultimi dodici mesi si è sviluppata anche una crescente offerta di mascherine smart, pronta ad affiancare all’aspetto sicurezza i benefici di sensori e apparati tecnologici.

Interessante, anche se ancora a livello pionieristico, il settore delle smart patch. In pratica, cerotti dotati di elettronica quanto basta per non risultare fastidiosi una volta applicati, pronti a promettere importanti benefici. In questo caso si spazia dal controllo della protezione solare per indicare i tempi ottimali di esposizione senza rischi, alla lettura dei parametri utili nella prevenzione e cura di malattie, fino all’evoluzione dei cerotti per il mal di schiena sfruttando anche la capacità di trasmettere impulsi.

Gli smartglasses possono attendere

Un capitolo a parte merita il discorso smartglasses. Tra i dispositivi più promettenti e incoraggianti del mondo wearable, a oggi restano ancora uno dei più grandi misteri, per non parlare di delusioni.

Nella pratica infatti, le attese sono finora andate ampiamente deluse, almeno per quanto riguarda il mercato consumer. Su tutti, il progetto Google Glass, lanciato con un’enfasi rara in precedenza e presto finito nel dimenticatoio per problemi di diversa natura. Tra i grandi nomi, anche Intel ha qualche scheletro nell’armadio, ben nascosto.

Per quanto in tanti non abbiano risparmiato investimenti, troppo complessi, ingombranti e costosi si sono rivelati finora i modelli proposti.

Tuttavia, qualche caso interessante non manca. In particolare, Vuzix continua a crederci e investire, con qualche risultato già ottenuto. Come nella quasi totalità dei casi, si tratta però di applicazioni molto verticali, rivolte al mondo professionale.

Qua sì, i vantaggi sono già evidenti. Dalla formazione all’assistenza tecnica a distanza, i benefici su tempi di intervento e costi sono già evidenti. Abbastanza da coprire anche spese non trascurabili, nel caso dei popolari Epson Moverio, anche superiori ai mille euro. Il livello della tecnologia è fuori discussione e in questo caso dimostrato dalla possibilità di guidare letteralmente da remoto un tecnico mentre interviene su un impianto. Con la possibilità di metterli a disposizione la figura professionale più preparata.

Aspetto molto interessante, anche questo discorso inizia ad allargarsi al settore medico. Soprattutto, si parla di chirurgia a distanza, con un esperto in materia in grado di mettere al servizio di un numero maggiore di pazienti le proprie capacità e al tempo stesso ridurre drasticamente la necessità di spostare un degente.

A livello consumer invece, prezzo, ingombro e peso restano sempre nettamente superiori a comuni occhiali. Soprattutto però, pesa una reale mancanza di stimolo per un utilizzo prolungato, capace cioè di andare oltre il semplice desiderio di fare tendenza.

In questa direzione, prospettive interessanti arrivano ancora una volta dal mondo dello sport. In discipline come il ciclismo o anche la corsa, dove spesso degli occhiali tecnici sono comunque la regola, l’utilità di visualizzare informazioni senza dover distogliere lo sguardo dalla strada o dalla gara è sicuramente apprezzato, come insegnano tra gli altri anche Everysight e Solos.

Nel frattempo, un’altra prospettiva può avere maggiore fortuna. Anche se solo in parte riconducibili al concetto originale di smartglasses, sono diverse le applicazioni limitate alle funzioni audio. L’assenza del visore riduce infatti misura importante ingombro e assorbimento di energia.

Si arriva così a superare anche un problema intrinseco degli auricolari, la distanza tra microfono e bocca, all’origine di frequenti disturbi nelle conversazioni. L’idea va oltre una posizione più favorevole per il microfono. Le proposte più interessanti sperimentano infatti la tecnologia a conduzione ossea. Vale a dire, sfruttare la vibrazione delle ossa quando si parla, superando così il problema della distanza. Una soluzione potenzialmente applicabile in entrambe le direzioni, per trasmettere l’audio senza occupare il canale uditivo e aumentare quindi la sicurezza in fase di ascolto in condizioni ambientali a rischio.

Niente vende più degli hearable

Una panoramica sul mondo wearable non può fare a meno di dedicare uno spazio al settore hearable. In realtà, almeno stando a numeri e varietà di offerta, il più importante. Considerata la spesa media decisamente inferiore tuttavia, meno rilevante dal punto di vista del fatturato.

Per rendere l’idea, nel terzo trimestre 2020 IDC ha registrato una quota del 55,8% sull’intero mercato wearable. Più di un prodotto su due, erano auricolari o affini. Aspetto curioso, una posizione consolidata anche durante la pandemia, guidata dalla ricerca di privacy in ambienti domestici ristretti, spesso da condividere e dalla quale è scaturita una crescita annuale del 47,7%.

Forse più di ogni altro, un comparto segnato da Apple, protagonista di una vendita su tre. In questo caso l’abbinamento smartphone-auricolari dimostra di funzionare meglio di qualsiasi altra alternativa.

A favorire la crescita però, contribuiscono anche altri fattori. Prima di tutto, si parla di un accessorio ormai diventato la regola, con una enorme possibilità di scelta per prezzo e modelli. Come pochi altri, dove si incontrano produttori di varia natura.

Dietro l’effetto tendenza, ci sono anche novità reali. Eliminare ogni sorta di cavo garantendo comunque una buona autonomia, con in più l’abbinamento ormai d’obbligo delle custodie con ricarica integrata, si è rivelato un fattore decisivo per la rapida diffusione.

Inoltre, l’indiscussa praticità delle interfacce capacitive. L’assenza di pulsanti o interruttori in favore di gesti naturali rappresenta un indiscutibile motivo di attrazione. Oltre a diminuire il numero di componenti in movimento e aumentare quindi l’affidabilità. Al punto da essere ormai diventata una configurazione standard.

In prospettiva, da seguire funzioni interessanti, anche se al momento ancora immature, a partire dalla traduzione simultanea. Un’applicazione probabilmente ancora immatura per il mercato di massa, con qualche requisito tecnico di troppo, come la necessità di operare in abbinamento allo smartphone e l’esigenza di una connettività. In entrambi i casi, con prestazioni abbastanza elevate da non compromettere la sincronia di una conversazione.

 

 

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