A quasi quattro mesi dal lancio italiano della piattaforma, facciamo il punto su Discovery+, di cui è appena stato comunicato il nuovo dato globale, con il responsabile Emea dell’area Digital Luca Nicoli. Dall’intrattenimento unscripted, senza copione, allo sport, Olimpiadi di Tokyo comprese.
«Spinti dalla situazione contingente e dall’opportunità di servire più persone a casa abbiamo accelerato su tutte le attività digitali», ci racconta Luca Nicoli, vicepresidente Digital Emea del gruppo Discovery, con responsabilità diretta su Italia, Spagna, Olanda e Germania, dove Discovery+, forte della rapida crescita di questi primi mesi e dei 15 milioni di abbonati globali (dato aggiornato al 28 aprile), ha un piano molto intenso di sviluppo per i prossimi mesi.
Qual è il grosso cambiamento rispetto all’era Dplay?
Il portale Dplay, come anche la sua versione premium Dplay Plus, nasceva come un’operazione locale, mentre qui si parla di un servizio per il mercato mondiale. La prima grossa differenza è la scala, che naturalmente traina anche un grosso investimento in termini di contenuti e di sviluppo tecnologico. Se infatti Dplay rappresentava una proposta a livello nazionale, Discovery+ ha l’ambizione di essere un protagonista dello streaming OTT globale. Questo significa, tra l’altro, l’avvio di partnership sempre più importanti con società di telecomunicazioni che hanno un impatto su più nazioni contemporaneamente, come quella annunciata con Vodafone, cui si affiancano anche collaborazioni locali con i principali leader di mercato, come quella con Telecom Italia. E quelle con i player digitali puri, quindi ad esempio il lancio di Fire Tv con Amazon e altre che annunceremo più avanti.
Cambio di programmazione
Come vi collocate rispetto ai servizi concorrenti?
Il consumatore moderno, che fruisce i contenuti audiovisivi attraverso lo streaming, si va costruendo via via un proprio portfolio di prodotti. All’interno di questa selezione noi ci specializziamo nel cosiddetto unscripted entertainment, cioè l’intrattenimento privo di copione, tipico invece della fiction. Siamo di fatto l’unico servizio che ha un posizionamento forte e chiaro in quell’area e che dunque può essere definito, senza problemi, un servizio in accoppiamento, cioè complementare a un Netflix o a un Amazon Prime, come confermano anche le nostre analisi e ricerche interne.
Cosa cambia rispetto al recente passato per l’abbonato di Discovery+?
In termini concreti per il consumatore, la nostra proposta di traduce in molte più esclusive, molti più contenuti originali dedicati all’abbonato OTT, rispetto al vecchio Dplay. Siamo passati da una fase in cui offrivamo un’esperienza un po’ più enhanced rispetto alla tv tradizionale, sfruttando il non lineare, a una vera proposta OTT dedicata. L’obiettivo, oggi, non è solo convertire utenti televisivi, ma accompagnare coloro che hanno individuato nello streaming la loro modalità preferenziale di fruizione dei contenuti.
Dunque non vi considerate rivali in senso stretto dei vari Netflix, Prime Video o Disney+?
Chiaramente competiamo nello stesso spazio, ma ciò che abbiamo davanti è uno scenario fluido, in cui il consumatore ha sì un empowerment molto forte, in quanto detiene il controllo delle proprie scelte e della propria sottoscrizione, che può rinnovare o disdire a piacimento, e in questo senso la bontà dell’offerta che gli proponi determina la sua decisione. Ma d’altro canto, il consumatore evoluto con cui abbiamo a che fare non ha problemi di sorta nell’aderire a più servizi, metterli insieme, organizzarli in base alle proprie esigenze. Una situazione molto meno rigida rispetto alla pay tv del passato. Le statistiche ci dicono che la media è di due servizi a testa e dunque accade già che l’utente metta insieme nel suo paniere più soggetti, anche se competono nello mercato, perché questo è molto ampio e in fortissima espansione.
I nuovi contenuti di Discovery+
Ma la tendenza ondivaga dei nuovi consumatori, che aderiscono a un servizio o lo abbandonano con la stessa facilità con cui cambiano operatore telefonico, non è un freno agli investimenti?
Il nostro è un mercato complesso e non è certo protetto, se mai lo è stato. Accresci il tuo business in relazione alla qualità dell’offerta che metti sul piatto. Ma quando hai capito come funziona e come si muovono i consumatori, ci sono dinamiche su cui puoi intervenire, migliorando il rapporto con l’utente. Vediamo ad esempio che gli abbonati tendono a essere più fedeli se fruiscono ogni mese un certo numero di ore di programmi. Così lavoriamo molto sul massimizzare l’engagement, il coinvolgimento dello spettatore, per ridurre le fisiologiche perdite di abbonati. I numeri ci danno il polso della situazione. Di sicuro dobbiamo essere pronti a un mondo in cui consumatore ha il controllo, in ogni istante. Ma dopo vent’anni di digitale, è chiaro che funziona così.
Rispetto agli altri paesi in cui è presente Discovery+, com’è partita l’Italia?
Direi molto bene, grazie anche alla collaborazione fin dall’inizio con Telecom Italia: gli utenti TimVision hanno già incluso nel loro piano Discovery+. A questa spinta iniziale si aggiunge un’offerta di contenuti di primo livello. Abbiamo lanciato diversi show, tra cui la serie reality su Elettra Lamborghini, il documentario su Lady Gucci, Matrimonio a prima vista, e naturalmente Naked Attraction Italia, The Real Housewives di Napoli (seconda stagione, in esclusiva su Discovery+), Undercut – L’oro di legno (quarta stagione, disponibile in anteprima sulla piattaforma nel mese di maggio). E abbiamo annunciato altri programmi di grande appeal, primo fra tutti Love Island, un format internazionale che ha avuto successo in tutta Europa: lo stiamo localizzando e partirà da noi a giugno. Tirando le somme, la formula vincente, per noi, è essere rilevanti nel paese, collaborando attivamente con i player locali e sfruttando il più possibile la scala internazionale.
Le Olimpiadi di Tokyo su Discovery+
Tra i contenuti importanti che caratterizzano il network Discovery c’è lo sport. Come si integrerà con l’offerta Discovery+?
Lo sport è importantissimo per noi. In questo settore siamo ancora sulla breccia con Eurosport Player, che è il nostro storico servizio sportivo, e in Discovery+ abbiamo già un pacchetto ad hoc che comprende l’entertainment e i canali Eurosport. Ma ci stiamo avvicinando all’unificazione dei servizi, che avverrà quest’anno, fornendo dunque in un unico luogo, Discovery +, l’intera proposta sportiva. L’evento fondamentale sulla nostra piattaforma sarà costituito dalle Olimpiadi di Tokyo. Ci stiamo attrezzando per fornire la migliore esperienza possibile. La offriremo anche a livello di HBBTV, la piattaforma integrata al flusso televisivo dei canali lineari free to air. Quindi consentiremo l’accesso anche a tutti i contenuti olimpici, attraverso la semplice pressione di un tasto del telecomando.
A livello generale, come si bilanciano tv lineare e proposta digital?
Fin dai tempi di Dplay abbiamo visto che c’è una parte del nostro pubblico interessata a entrambe le realtà, e una parte che è polarizzata prevalentemente sullo streaming o sulla tv lineare come modalità di consumo. Quello che stiamo cercando di fare è mettere a punto i nostri lanci di programmi in modo da soddisfare al meglio tutti i nostri pubblici. In ottica futura avremo sempre più esclusive digitali, per avere in una fase successiva passaggi di quei contenuti anche sui nostri canali lineari. Il fatto che i due business siano intercomunicanti è decisamente un vantaggio, che ci aiuta a investire meglio, lavorando sulle aree comuni e arricchendo l’offerta generale.
Come è percepito in Discovery il passaggio ai nuovi standard del Digitale terrestre?
Come tutti i passaggi tecnologici va affrontato con molta attenzione. Da un lato, collaborando con le autorità e con gli altri broadcaster per evitare che il consumatore subisca interruzioni del servizio. Dall’altro c’è un focus sul pubblico: più è reattivo e abituato a usare i nuovi mezzi, più ti segue in uno scenario che cambia. L’investimento sul digitale è anche un’assicurazione sul futuro: immaginiamo di lavorare sempre più con un pubblico fluido che riesce a spostarsi fra le varie piattaforme e possiede anche un certo livello di educazione tecnologica che gli consentirà di adattarsi più velocemente allo switch-off.
Bellissima intervista… grazie per le tante esaustive informazioni