Dura lotta alla pirateria

Gennaio 2009. Il calo dei prezzi dei ricevitori digitali e il loro comodato gratuito attuato dalle pay-tv ha portato ad un allargamento del bacino di utenza e con questo sono cresciuti in ugual misura gli interessi economici e, di conseguenza, sono variati i modi con cui i provider si pongono verso l’utenza finale ai fini di tutelare i loro interessi.

Dai tempi di Tele+ ai giorni nostri la pirateria satellitare è sempre stata la vera piaga dilagante, il nemico da sconfiggere per sopravvivere: l’inadeguatezza della sicurezza di alcuni sistemi di criptatura coniugata all’intraprendenza dei pirati informatici ha portato, in certi periodi, a situazioni allarmanti nelle quali le card pirata sul mercato erano in numero impressionante, il loro costo era irrilevante ed erano reperibili ovunque.

In quegli stessi anni era in vigore la famosa legge 79/1999 sul decoder unico che imponeva che “i decodificatori devono consentire la fruibilità delle diverse offerte di programmi digitali con accesso condizionato e la ricezione dei programmi radiotelevisivi digitali in chiaro mediante l’utilizzo di un unico apparato”.

Semplificando al massimo, questa legge sostiene che un utente deve potersi avvalere di un unico ricevitore per la visione di qualsiasi canale satellitare: intrinseco, in questa legge, l’obbligo dei provider di fornire un sistema di criptatura al di fuori dei propri apparati tramite, per esempio, la distribuzione di CAM per il proprio sistema.

Addio decoder unico
Ma, come accennato prima, il crescere degli interessi economici ha aumentato le pressioni attuate dai provider sulle autorità per l’abrogazione della legge sul decoder unico: secondo questi lo sviluppo delle CAM renderebbe più facile un’opera di reverse engineering (il processo di analisi di un apparato esistente con l’intenzione di arrivare a comprendere le specifiche tecniche che hanno portato alla sua realizzazione) rivolto al mercato della pirateria satellitare.

Il risultato è che la legge non esiste più e che il modo di vedere la tv a pagamento, in Italia, è radicalmente cambiato: da una parte l’abbonato SKY munito di SkyBox, l’apparato fornito dalla società di Rupert Murdoch, unico decoder legalmente riconosciuto per la fruizione dei contenuti di SKY, dall’altra parte un nugolo di utenti SKY, regolarmente abbonati, che si barcamenano in vari modi per usufruire dei servizi per i quali pagano senza per questo rinunciare a tutto il resto dei programmi offerti dal vastissimo panorama satellitare e senza dovere usare più di un decoder, infrangendo, in questo modo, le leggi vigenti.

Ribaltone all’italiana
Un vero e proprio ribaltone all’italiana: consideriamo che praticamente tutti i sistemi di codifica sono accessibili mediante CAM con esclusione del solo NDS, per l’appunto il sistema di criptatura di SKY.
Se tutti i provider seguissero questa politica un potenziale utente abbonato a SKY, TSI Svizzera e ad un bouquet hard dovrebbe disporre perlomeno di tre decoder diversi in casa, e sarebbe in ogni caso escluso dalla visione di tutti i restanti canali non appartenenti ai provider a cui è abbonato.

Ad evitare incomprensioni va puntualizzato che la tutela dei propri interessi, quelli di SKY in questo caso, è un legittimo diritto e questa veloce disamina non ha lo scopo di trovare torti o ragioni ma semplicemente di spiegare come, partendo da uno standard aperto come la Common Interface, ci troviamo oggi con un sistema chiuso quale lo SkyBox.

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