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DVB-I, in arrivo il nuovo standard per i canali Tv in streaming

DVB-I è lo standard di nuova generazione che permette di ricevere i canali televisivi in streaming da internet e vederli su Tv e decoder insieme a quelli terrestri e satellitari. Scopriamo come funziona, cosa permette di fare e quando partiranno i primi test di Mediaset.

Dopo il DVB-T/T2, lo standard televisivo digitale terrestre, il DVB-S/S2 (satellitare), il DVB-C (via cavo) e l’ormai defunto DVB-H (canali e servizi DTT sui dispositivi mobili come smartphone e tablet), il consorzio DVB è ormai pronto a lanciare sul mercato un nuovo standard chiamato “DVB-I” (Digital Video Broadcasting over Internet).

Si tratta di una nuova piattaforma per la diffusione “lineare” di contenuti audio/video equivalente a quelle terrestri, via cavo e satellitari ma questa volta basata su internet, cioè sullo streaming via IP, e non su onde radio.

DVB-I si affianca e non sostituisce i vari DVB-T/T2/C/S/S2 per portare l’esperienza televisiva ad un livello ancora più ricco e di qualità, verso un futuro dove la banda UHF sarà sempre meno utilizzata e progressivamente sostituita dalle reti internet per la trasmissione e la ricezione dei canali televisivi nazionali.

Credit: dvb.org

Le prime specifiche del DVB-I sono state approvate nel 2019 e, dopo un lungo ed elaborato percorso di studio e affinamento, il nuovo standard è ormai pronto ad affrontare i primi test sul campo (market trial) previsti nel 2023 in tutta Europa.

L’Italia è tra i primi paesi europei ad aver contribuito allo sviluppo del DVB-I grazie a Mediaset (in particolare alla divisione standard & innovation di RTI) e Rai (CRIT – Centro Ricerche Rai Torino).

Marco Pellegrinato
Ing. Marco Pellegrinato, director standard & innovation di RTI, società del Gruppo Mediaset che sta testando lo standard DVB-I

Prima di scoprire cosa succederà nei prossimi mesi ai canali televisivi italiani, è necessario capire come funziona il DVB-I, quali sono i vantaggi, gli svantaggi e le differenze con il DVB-T/T2, cosa servirà per vedere i canali trasmessi con questa tecnologia.

Come funziona il DVB-I

Il DVB-I utilizza un “front-end” indipendente da quello degli altri standard DVB, in parole semplici un “sintonizzatore” (tuner) che lavora con il protocollo internet (IP) al posto delle frequenze radio (VHF/UHF per DVB-C/T/T2, banda C/Ku per DVB-S/S2, ecc.).

I dati digitali inviati tramite DVB-I vengono riconosciuti da Tv, decoder e qualsiasi altro dispositivi (smartphone, tablet, dongle HDMI, ecc.) come un flusso IP, decodificati, organizzati (secondo la numerazione LCN) e visualizzati sullo schermo come se si trattasse di un canale terrestre o satellitare.

DVB-I tablet
Test di ricezione Mediaset in formato DVB-I su tablet (credit: dvb.org)

Il telespettatore non deve preoccuparsi di come vengono ricevuti i programmi televisivi, se via etere, satellite o internet, perché sarà il televisore stesso a cercare le varie offerte, a combinarle tra loro e a mostrare tutti i canali in una lista unificata con indicazione della fonte di provenienza (DTT, SAT o IP).

Ricerca canali unificata (multi-tuner – Credit: dvb.org)

Lista canali DVB-I (Fonte: Rai CRIT)

Per molti versi il DVB-I ricorda i servizi e le piattaforme IPTV già presenti su alcuni Tv e decoder (es.: LG Channels e Samsung TV Plus che vi abbiamo illustrato in questo articolo). Tuttavia, al posto di una app da installare o proprietaria, troviamo un “tuner softwareindipendente e aperto a tutti i broadcaster e ai fornitori di contenuti che sceglieranno di adottare questo standard.

Il DVB-I è inoltre totalmente differente dall’HbbTV, ovvero dalla Tv ibrida terrestre/IP attualmente utilizzata da Rai e altri operatori per i servizi interattivi e lo streaming live/on-demand (es.: RaiPlay, Replay, Rai 4K, Sportitalia, ecc.) che richiede una piattaforma ad-hoc installata sul Tv/decoder (vedi sotto).

Piattaforma RaiTV+ in HbbTV

Spazio ai canali 4K e 8K

Il DVB-I offre molti vantaggi (e qualche svantaggio) rispetto all’attuale DVB-T/T2, tanto da poterlo tranquillamente definire già da ora come il futuro standard della televisione digitale (TV 5.0).

Innanzitutto utilizza un “veicolo” (portante) molto più ampio e veloce di quello terrestre per garantire sia una migliore qualità audio/video sia una latenza inferiore.

Grazie alle reti IP e alle connessioni broadband ultraveloci (FTTC e 5G) si potranno finalmente ricevere i canali televisivi in Ultra HD 4K e 8K HDR, con audio surround multicanale (anche Dolby Atmos) senza sprecare le bande VHF/UHF.

Inoltre la ricezione avviene in tempo reale, cioè con zero ritardi rispetto alla trasmissione. Ricordiamo che sul digitale terrestre il “gap” è di circa 3 secondi (5 sul satellite) mentre lo streaming può arrivare anche a 20-30 secondi come sanno bene i tifosi di calcio che seguono le partite su DAZN e Amazon Prime Video.

La scelta della migliore qualità video possibile (SD, HD, Full HD, 4K o 8K) avverrà non solo in base al formato video nativo e a quello del Tv/decoder ma soprattutto a seconda della banda disponibile in quello specifico momento grazie alla “qualità adattiva” delle reti IP.

Questo significa che non sarà necessario trasmettere 3 o 4 canali identici con formati differenti (come accade ora in SD/HD e MPEG-4/MPEG-2) ma basterà un solo canale per tutti i Tv/decoder e le connessioni broadband.

Quasi certamente i canali SD e HD saranno ancora ospitati sulle frequenze VHF/UHF visto che occupano poca banda (soprattutto dal 2023 con l’arrivo del DVB-T2 HEVC Main 10) mentre quelli in Full HD e Ultra HD 4K/8K si vedranno solamente in DVB-I.

Canali “timeshifted” e migrazione dall’UHF all’IP

In secondo luogo il DVB-I permette di affiancare ai servizi televisivi lineari trasmessi in tempo reale (live) quelli “timeshifted” con la programmazione posticipata di 1, 2 o 24 ore (canali +1, +2, +24) senza bisogno di app o piattaforme ad-hoc.

Canale 5 e Italia 1 hanno già trasmesso in passato in versione “timeshifted” (+1 ora)

Ad esempio, Rai, Mediaset e altri operatori potrebbero lanciare nuovi canali dedicati ad uno specifico contenuto (telegiornale, talk show, reality, serie Tv, ecc.) con tutte le edizioni e le puntate trasmesse in sequenza, versioni “timeshifted” di Rai 1 o Canale 5 con la stessa programmazione di quelle originali ma posticipate di un’ora o un giorno per i telespettatori che si sono persi il “live”.

Altro vantaggio (e scopo) del DVB-I è favorire la migrazione progressiva delle trasmissioni televisive dalle frequenze via etere alle reti IP man mano che le bande VHF e UHF saranno cedute ad altri servizi che richiedono obbligatoriamente questa tipologia di “risorsa” (es.: reti mobili 5G e 6G).

Anche se non ancora confermato ufficialmente, entro il 2030 assisteremo probabilmente al “terzo dividendo digitale” che toglierà ai broadcaster televisivi un’ulteriore fetta della banda UHF (600 MHz) e la consegnerà agli operatori mobili per i servizi 5G e 6G.

Secondo (attuale) e terzo dividendo digitale (futuro) a confronto

Con questa ulteriore cessione, ai canali televisivi DTT rimarranno solo un centinaio di megahertz, in pratica la sola banda UHF IV (470-606 MHz – canali 21-37), troppo pochi per garantire la stessa offerta attuale se non si ricorre ad una soluzione alternativa come lo streaming IP.

Totale integrazione con il DVB-T2

Lo standard DVB-I aiuta anche a rendere più stabile la ricezione dei canali DVB-T/T2 quando il segnale VHF/UHF è scarso o disturbato, intervenendo in suo aiuto in tempo reale (backup, fallback o estensione) come già accade tuttora con le radio FM che subentrano automaticamente a quelle digitali DAB+ nelle zone con scarsa copertura.

Purtroppo, però, il DVB-I richiede una connessione internet almeno FTTC, FWA o 4G perché lo streaming dei canali televisivi “consuma” molta banda. Per chi vive in città (o nelle zone limitrofe) non è certo un problema, visto che ormai le reti in fibra (FFTH) e quelle miste fibra-rame (FTTC) sono ampiamente diffuse.

Può essere invece un problema per coloro che vivono nelle zone dove le reti broadband sono lente, ormai sature o addirittura assenti. In questi casi la copertura del DVB-T/T2 è spesso migliore mentre quella del DVB-S/S2 è addirittura garantita al 100% su tutto il territorio (il satellite arriva ovunque).

Primi test in primavera

Il DVB-I è stato uno degli argomenti più discussi durante il convegnoHDFI Innovation Day 2022” organizzato alcune settimane fa da HD Forum Italia (HDFI), il gruppo che riunisce una ventina di società leader dei mercati del broadcasting, dell’audiovisivo e delle telecomunicazioni.

Mediaset ha presentato la propria sperimentazione DVB-I anticipando le date e le modalità di svolgimento del suo market trial. I test di trasmissione in DVB-I inizieranno a marzo-aprile 2023 e riguarderanno quattro canali generalisti del biscione: Canale 5, Rete 4, Italia 1 e Mediaset 20.

Mediaset 20 DVB-I
Test del canale Mediaset 20 in DVB-I (Credit: dvb.org)

I canali Mediaset in DVB-I occuperanno il blocco LCN 500 (presumibilmente 504, 505, 506 e 520) che verrà liberato entro il 20 dicembre con lo spegnimento definitivo dei canali DVB-T MPEG-2 (provvisori – tutti gli approfondimenti in questo articolo).

Come anticipato, la Rai lavora da tempo sul DVB-I con ricerche e test condotti nei laboratori del CRIT ma, almeno per il momento, non sembra intenzionata ai trial di mercato. La sensazione, confermata da fonti ufficiose, è che la Tv di stato preferisca proseguire sulla strada della HbbTV come dimostra il recente debutto di Rai 4K sulla piattaforma ibrida RaiTV+ per la trasmissione delle partite dei Mondiali di Calcio 2022.

Monoscopio Rai HbbTV
Monoscopio Rai HbbTV visibile sui canali DTT 101, 202 e 7xx

DVB-I su ogni Tv e decoder? Sì, no, forse…

Lo standard DVB-I lavora grazie a un sintonizzatore aggiuntivo (in gergo tecnico “front-end”), proprio come il DVB-T/T2/C e il DVB-S/S2, integrato in televisori, decoder e altri apparecchi.

In realtà il DVB-I, lavorando sul protocollo internet e non su onde radio, non richiede un hardware dedicato tarato su frequenze specifiche. Questo significa che qualsiasi Tv e decoder “connesso” di ultima generazione, cioè dotato di collegamento Ethernet (presa RJ45) o Wi-Fi, è teoricamente già predisposto per accogliere il nuovo standard.

Smart TV con connessione Wi-Fi

Sempre in teoria basterebbe implementare il software DVB-I in questi apparecchi, anche non più recentissimi, per trasformarli in Tv e decoder “5.0” con un semplice aggiornamento firmware rilasciato dai produttori e installato via internet (OTN – Over The Net) o tramite chiavetta USB.

Purtroppo non è affatto scontato che i produttori di televisori e decoder come Sony, Panasonic, Samsung, LG, Haier e Humax decidano di implementare questa nuova tecnologia su tutti gli apparecchi già venduti.

Probabilmente verranno aggiornati solo i modelli di fascia alta (es.: Tv OLED, QLED e Mini-Led) lanciati sul mercato negli ultimi 2-3 anni (es.: MY2021, 2022 e 2023) ma tutto dipenderà anche dalla roadmap del DVB-I, dai risultati e dai feedback ottenuti con i trial.

Smart TV LG OLED di ultima generazione

Mediaset ha già stretto alcune partnership con i maggiori produttori di televisori come LG, Sony, Philips e Vestel (brand Sharp, Telefunken e altri) per introdurre il “front-end” DVB-I già a partire dai modelli 2023.

Per chi possiede già uno Smart TV si prospettano tre diverse soluzioni: attendere un futuro (ma non certo) aggiornamento a DVB-I, sostituire il Tv attuale con uno “DVB-I Ready” oppure acquistare uno dei decoder esterni DVB-T/T2/I che verranno lanciati prossimamente sul mercato.

DVB-I & HbbTV in perfetta armonia per la TV 5.0

DVB-I affiancherà ma non sostituirà la piattaforma HbbTV (Hybrid BroadBand Tv), cioè il middleware open-standard utilizzato dai broadcaster per lo sviluppo di servizi, applicazioni e contenuti televisivi.

Le due tecnologie non sono infatti in competizione tra loro e, pur essendo totalmente differenti, possono lavorare insieme sui dispositivi di nuova generazione per arricchire l’esperienza televisiva con nuovi contenuti e servizi, utilizzando lo stesso canale di trasmissione (IP).

A tal riguardo, le future versioni dell’HbbTV (come la 2.0.4 di prossima uscita) sono già orientate verso l’utilizzo congiunto con il DVB-I perché non avranno più bisogno di un flusso di trasporto dedicato di tipo terrestre o satellitare (Transport Stream – TS) ma saranno completamente autonome per integrarsi con il flusso IP e portare alla vera Tv ibrida 5.0.

I broadcaster italiani che attualmente trasmettono i loro canali televisivi in modalità streaming su HbbTV (Rai, Sportitalia, ecc.) potranno in futuro passare al DVB-I per i contenuti live mantenendo comunque attivi gli altri servizi come VOD, meteo, news e EPG su HbbTV e senza bisogno di un canale terrestre come punto di accesso.

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