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Da Prime Now ad Amazon, come cambia la spesa quotidiana

Prime Now, il sito e l’app di Amazon che consentivano di acquistare prodotti freschi a Milano, Roma e Torino, stanno sparendo senza tanti proclami da parte della casa madre. A partire dall’App, che è già stata disattivata. Cosa sta succedendo?

Per chi abita al di fuori di Milano, Roma e Torino probabilmente non sarà una grande perdita, perché il servizio Prime Now al di fuori di queste tre grandi città e di qualche comune del loro hinterland non è mai esistito.

Attivato nel 2015 a Milano insieme a U2 (Unes) e successivamente esteso a Roma e Torino grazie alla collaborazione con Pam Panorama, questo servizio è partito tutto sommato in sordina e vivacchiato fino allo scorso marzo, quando in tempo di lockdown si è dimostrato l’unico in grado di sostenere l’enorme domanda di consegne a domicilio.

Dopo un primo momento di stordimento, la macchina organizzativa di Amazon si è messa in moto ed è stato possibile ricevere in giornata o al massimo il giorno dopo, in slot di due ore, migliaia di prodotti freschi a casa, quando le code al supermercato erano chilometriche e i servizi di spesa online dei supermercati tradizionali completamente collassati.

Poi il lockdown è finito. Le code ai supermercati sono sparite e anche i vecchi dinosauri della grande distribuzione hanno oliato i meccanismi della spesa online. Prime Now non è più diventato indispensabile. Ma le nuove abitudini sono dure a morire come quelle vecchie e per molti romani, milanesi e torinesi è diventata una consolidata abitudine di acquisto, anche perché dopo i cinquanta euro non ci sono spese di spedizione.

Però poi è successo, sta succedendo, qualcosa, senza grossi clamori, come è nello stile di Amazon quando deve togliere e non aggiungere. Cerchiamo di capirne di più, anche perché è interessante vedere come Amazon gestisce transizioni grandi e piccole.

Qualche settimana fa sono arrivate le prime avvisaglie per chi apriva l’app Prime Now per fare la consueta spesa veloce, con un messaggio che più o meno diceva: “Guarda che ora non hai più bisogno di fare le compere qui, perché abbiamo integrato questo servizio in Amazon Prime”. Poco male, l’app funzionava ancora.

Prime Now
A sinistra, l’avviso che appare su Android quando si lancia Prime Now. A destra quando si tenta di aggiornarla. Non molto chiaro. In realtà l’app non esiste più.

Fino a tre giorni fa, quando chi la usava su Android ha avuto la sorpresa, nel lanciarla, di leggere “Questa versione dell’app Prime Now è obsoleta. Non perderti le nuove funzioni. Aggiorna prima di continuare”. Un incoraggiante pulsante “Aggiorna” promette bene (al momento di scrivere queste righe, il 22 maggio, è ancora visibile) ma mantiene male. Conduce infatti alla schermata di Google Play con il definitivo messaggio “Questa app non è più compatibile con il tuo dispositivo. Per ulteriori informazioni, contatta gli sviluppatori”. Ad ogni buon conto, Amazon ha inviato venerdì 21 maggio agli abbonati a Prime (a giochi fatti, quindi) un messaggio per avvisare dello spostamento da Prime Now ad Amazon, e a questo indirizzo si può controllare se il servizio c’è ancora nel proprio Cap di consegna.

Sappiamo ora che non è questione di aggiornamento o compatibilità, ma il primo passo di una timida dichiarazione di Amazon di chiudere sito e app di Prime Now entro l’anno in Europa (ha già sbaraccato in India, Giappone) e Stati Uniti, senza fornire una data precisa.

Ed ora sta procedendo a passi felpati. Se l’app non funziona più, per quanto riguarda il sito la situazione è fluida. Chi ha Prime e si collega su Prime Now fornendo come indirizzo di consegna un Cap di Milano vedrà l’inesorabile messaggio “Aggiornamento importante: ci siamo spostati su Amazon.it”. Chi ha come indirizzo di consegna un Cap di Torino o Roma, può invece continuare a usare il “vecchio” Prime Now. Questo ad oggi, mentre domani o dopo magari chiuderanno anche su Roma e Torino.

Su Amazon, a seconda del Cap di consegna, nella barra principale di navigazione appaiono i tag Fresh, U2 o PAM Panorama. Per Cap al di fuori dei tre grandi centri, questi tag non ci sono. Se si modifica la propria posizione compare la solita scritta che i cittadini del resto d’Italia erano abituati a vedere con Prime Now: “Il servizio di consegna non è ancora disponibile nella zona (Cap). Ti informeremo quando il servizio sarà disponibile nella tua zona”.

Il menu orizzontale di Amazon Prime il 21 maggio. Da sinistra a destra per chi ordina a Torino il menu Fresh (ex Prime Now) non è disponibile per nessun Cap, su Milano sono presenti i menu Fresh e U2 su quasi tutti i Cap, su Roma soltanto Fresh su molti Cap e sulle altre città il menu senza Fresh.

Amazon dice che vuole integrare tutti i “servizi alimentari” nella piattaforma principale ed è il motivo per cui ha chiuso anche Prime Pantry, lanciato nel 2014.

Tra l’altro, Amazon deve essersi dimenticata di avvisare Pam che l’app non c’è più, visto che sul sito dell’operatore della grande distribuzione campeggia ancora l’invito a scaricarla (il 22 maggio).

Più Amazon Fresh per tutti

Ora che non hanno la stessa visibilità che avevano con il privilegio di un’app dedicata vedremo adesso quanto impiegheranno i servizi per la vendita di freschi ad essere integrati nella piattaforma principale.

Già lo scorso febbraio Gdoweek anticipava l’ampliamento dei servizi in Italia (sempre a Milano) con Amazon Fresh, mentre Fresh Point si faceva tratteggiare da Simona Carta, senior marketing manager di Amazon Fresh in Italia, la direzione di questo cambiamento.

Rimane da chiedersi quando effettivamente Amazon estenderà il servizio al di fuori delle città capofila.

 

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