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Tracker: sei modelli per fare i primi passi nel mondo wearable

Ci sono diverse ragioni per le quali un oggetto come lo smartwatch non riesce ad andare incontro a tutte le esigenze di un utente, al punto da fargli preferire un semplice tracker. Per quanto ormai diventati versatili e variegati, a volte vanno addirittura oltre quanto cercato in un’alternativa all’orologio tradizionale. E non solo per il prezzo.

L’interesse per funzioni ormai molto popolari come lettura della frequenza cardiaca, supporto all’attività fisica e le notifiche a volte sono sufficienti a coprire le aspettative. Riducendo oltre alla spesa anche l’ingombro, ne scaturisce un settore dinamico e in buona salute.

Fitbit è sempre in movimento

Quando si parla di stimolo e supporto all’attività fisica, la natura principale di un tracker, il primo nome a emergere è Fitbit. Con buona parte della propria strategia costruita intorno a queste basi, tra i prodotti in catalogo si distingue Inspire 2.

Dimensioni contenute, forme molto semplici, per un dispositivo a prima vista simile quasi a un bracciale. All’interno però, tutta la tecnologia del caso, a partire dal sensore per la frequenza cardiaca e quelli utili a rilevare distanze, calorie e i minuti attivi. Nel rispetto delle più recenti teorie sul benessere, indicatore più completo e affidabile rispetto agli originali diecimila passi al giorno.

Il display è monocromatico, o più precisamente a livelli di grigio. Di fronte all’avanzare di una concorrenza agguerrita e alla ricerca di spazi, potrebbe rivelarsi sempre più un limite. D’altra parte, la scelta va anche a vantaggio dell’autonomia, dichiarata in una decina di giorni.

Comprese funzioni non necessariamente scontate in questa  fascia di prodotti. Oltre alle indispensabili notifiche, si può infatti contare su sessioni di respirazione guidata, utili ad allentare la tensione in qualsiasi momento della giornata. Per le donne invece, può tornare utile il monitoraggio del ciclo mestruale.

Per quanto in discesa rispetto ai primi modelli, oggi il prezzo di 99,99 euro è diventato superiore alla media, anche dei diretti rivali.

Samsung, non solo per sport

A partire da Samsung, sempre alla ricerca di nuovi spazi anche nel mondo wearable, la cui sfida tracker è affidata a Galaxy Fit 2. Prima differenza visibile, la cassa da 46,6×18,6×11,1 mm ha un display da 1,12” a colori. Altro aspetto importante, senza alcuna ripercussione all’autonomia. Anzi, indicata in un paio di settimane.

Durante le quali il tracker saprà certamente come mostrarsi utile in diverse circostanze. A partire dall’ampio supporto per l’attività fisica, dalla semplice camminata alla seduta di allenamento più impegnativa. Per alcune di loro, senza neppure bisogno di avviarla  manualmente, contando sul riconoscimento automatico.

Confermate analisi del sonno e indicazioni anti stress, da sottolineare anche un’altra funzione diffusa da un anno a questa parte, il promemoria per lavarsi le mani con maggiore regolarità.

Tra i limiti, secondo il parere di alcuni utenti, ci sarebbe spazio per migliorare la precisione nei rilevamenti. Da considerare comunque, anche in relazione a un prezzo di 49 euro.

Xiaomi fa sconti solo sul prezzo

Oltre al normale andamento dell’evoluzione tecnologica, il netto calo dei prezzi per i tracker è legato anche ad altri fattori. In aggiunta alle ripercussioni legate alla crescita di interesse per gli smartwatch, un impulso importante è la strategia aggressiva Xiaomi, il cui Mi Smart Band 5 viene proposto a 29,99 euro.

Con tanto di schermo a colori da 1,1” con una risoluzione di 126×294 pixel e una dotazione completa di sensori per assecondare tutte le esigenze più attuali.

A partire dal tracciamento dell’attività fisica. Anche se le attività specifiche non sono tantissime, undici, interessante il lavoro svolto da Xiaomi per migliorare l’affidabilità e poter così fornire indicazioni attendibili su eventuali livelli di frequenza cardiaca insolitamente elevati.

Senza però dimenticare anche il supporto per chi cerca solo indicazioni a una vita più attiva, senza impegnarsi più del necessario in allenamenti impegnativi.  Al fianco di monitoraggio dello stress ed esercizi di respirazione, c’è così il Personal activity intelligence, un indice di vitalità personale calcolato sulla base di dati come sesso, età, frequenza cardiaca e altri. Fornisce suggerimenti sulle attività utili a migliorare il punteggio.

Il buon lavoro di ricerca Xiaomi si è concentrato anche sull’autonomia, spinta a un paio di settimane.

Honor, classico solo all’apparenza

Rispetto alle più attuali tendenze di sposare forme più arrotondate agli estremi del tracker, Honor preferisce conservare l’impostazione più classica, maggiormente squadrata. Questo non impedisce però a Band 5 di allinearsi alle funzioni attuali.

Il display da 0,95” è infatti a colori, incurvato abbastanza da integrasi meglio con il cinturino e adattarsi alle forme del polso. Per farsi notare, gli accorgimenti tuttavia non mancano, a partire dalla ormai inevitabile scelta tra quadranti.

Anche la precisione delle funzioni per il fitness è un fattore imprescindibile. Nel caso di Band 5 supportata anche dalla stima del livello di ossigenazione del sangue. Come per tutti i modelli di questa categoria, sempre però a puro titolo indicativo, senza un’affidabilità di livello medico. Quando si parla di nuoto inoltre, non scontata la capacità di riconoscere in automatico anche i singoli stili, oltre all’attività stessa.

Di serie inoltre, un’altra funzione sempre più diffusa. Se si torva nel raggio d’azione del Bluetooth, il tracker è in grado di rintracciare lo smartphone e attivare una suoneria per aiutare a ritrovarlo.

Rispetto ai diretti rivali, il rezzo di 34,99 euro è di poco superiore. Nella media invece l’autonomia, dichiarata in due settimane.

Amazfit pronta ad accettare la sfida

La cifra è la stessa attualmente richiesta da Amazfit per l’omonimo Band 5. Oltre a prezzo e nome però, le similitudini non vanno molto oltre. Lo schermo a colori da 1,1” in questo caso è più arrotondato, per una dimensione complessiva di 47,2×18,5×12,4 mm.

La sfida Amazfit intende giocarla su quantità e qualità delle funzioni disponibili. Per esempio, agli  oltre quaranta quadranti disponibili, se ne aggiungono anche un paio personalizzabili, mentre sul fronte salute e sport, non manca praticamente niente per quantità di discipline tracciabili e parametri rilevati. Compresi stima SpO2 e controlli dei limiti di sicurezza per la frequenza cardiaca.

Inoltre, lo stato di salute complessivo è affidato al recente indice PAI. Al posto dei tanti dati spesso proposti dalle app, il Personal Activity Intelligence converte le informazioni su battito cardiaco, attività quotidiane e altro in un unico e punteggio numerico utile per comprendere lo stato di  esercizio fisico quotidiano e della salute.

Nella media le due settimane di autonomia promesse. Per nulla scontata invece nel modo tracker, l’integrazione del sistema di riconoscimento vocale Amazon Alexa. Al momento però, solo in inglese, anche se la promessa Amazfit è di estenderlo a breve.

Huawei, il GPS in più

La presenza di buona parte tra i principali produttori di smartwatch, indica anche per i tracker un settore in forte vitalità. Nella visione Huawei però, con meno rinunce possibili, come dimostrato dal Band 4 Pro. Una versione a colori, con schermo da 0,94”.  Nonostante le dimensioni ridotte, gli spazi di personalizzazione non mancano, a partire da un catalogo di quadranti ricco come pochi altri.

Obiettivo principale resta però il supporto dall’attività sportiva. Band 4 Pro non si limita a tracciare i parametri durante lo sforzo. Oltre al sensore per misurare il livello di ossigenazione del sangue, il sensore per la frequenza cardiaca emette una vibrazione quando il cuore supera il limite indicato come di sicurezza.

Dati utili anche ad allenamento concluso. L’app infatti li utilizza per indicare il massimo consumo di ossigeno VO2 Max e i tempi di recupero consigliati, valutando l’effetto dello sforzo.

Già da solo, il prezzo di 49 euro può facilmente apparire interessante. Lo diventa ancora di più, considerando la presenza del GPS integrato. Aspetto per nulla scontato quando si parla di prodotti di dimensioni così compatte. Come prevedibile, paga però qualcosa l’autonomia, in condizioni di uso medio, tracciamento compreso, stimata sui cinque giorni.

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