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Moda e Metaverso. Tra fascino e realtà

Il labile confine tra mondi: esistono ancora gli Avatar? Nel 2008 mi sono laureata con una tesi intitolata “Il labile confine tra mondi: doppi elettronici nella vita quotidiana”, si intuisce di cosa si tratta e oggi con il Metaverso si torna a parlare di proiezione virtuale della realtà e di osmosi tra reale e virtuale.

Quando ero alle prese con la scrittura della tesi nessuno aveva in mente neanche di cosa fossero i social network e da poco si utilizzava Facebook, nessun imprenditore pensava a un futuro marketing sui social network, anzi i mondi paralleli, come Second Life, sembravano essere il futuro.

Il fascino dell’Avatar (da Avatara, che in Sanscrito vuol dire “discesa”, reincarnazione corporea del dio induista Visnù), ritorna reinterpretando il significato della reincarnazione all’opposto, dalla smaterializzazione corporea verso la digitalizzazione.

Questo fascino non è nuovo, l’esplorazione della “proiezione digitale del proprio io” (per citare Morpheus in Matrix), risale a ben più lontani mutamenti sociali e con il superamento delle distanze spazio-temporali (ancor di più con l’esperienza pandemica), ecco che torna forte l’intento di riprendere da dove ci si era fermati, ovvero, dall’avvento di Facebook.

Proprio con l’avvento di questo social network, infatti, Second Life e altri mondi virtuali, che erano in fase sperimentale, hanno subito un forte tracollo e oggi è proprio Mark Zuckerberg a voler ripartire da quel punto, e cosa fa? Rilancia qualcosa che c’era già e lo chiama Metaverso.

Qual è il ruolo della moda in questo contesto?

La moda ha sempre avuto un ruolo centrale nell’innovazione, in quanto principale interprete degli atteggiamenti sociali.

La moda è comunicazione, un capo d’abbigliamento è il primo vero mezzo di comunicazione, attraverso il quale esprimiamo emozioni, valori sociali, connessioni culturali o “apparentemente” nulla.

L’osmosi tra reale e virtuale è un dato di fatto, non facciamo più distinzione tra i “mondi”, la stessa proliferazione di e-commerce, il costante dialogo con i brand di moda attraverso i social network, hanno abbattuto ogni distinzione tra ciò che è reale e ciò che è virtuale, per questo non può esserci una comunicazione senza sperimentazione.

Comunicare vuol dire esserci, per questo i brand di moda non possono mancare al grande appuntamento con il futuro, anche se, per citare Paul Valery “Il futuro non è più quello di una volta”. Questa volta il Metaverso, infatti, riparte in un momento in cui gli utenti vivono una profonda stanchezza, una certa “saturazione da social” e in questo fuggi fuggi di account, Mark Zuckerberg ha cercato di reinventarsi.

Il Metaverso sembra essere il nuovo futuro, ma in realtà è solo la ripresa di un punto sospeso nel passato del web, un percorso che proprio Mark Zuckerberg ha interrotto.

nikeland

Cosa c’era prima del Metaverso?

Prima del Metaverso, prima di Facebook, nel 2008, li avevo provati tutti “i mondi virtuali”, e il mio nickname aveva assunto le declinazioni più svariate. Noxa (dal latino “danno”, a riferimento del mio atteggiamento di rottura e irriverenza) si trovava a esplorare piattaforme e usi di ogni tipologia.

C’era Fueps con le sue rooms tematiche, l’avatar poteva cambiare aspetto e look, come anche su Meez, devo dire la verità qui non ci avevo capito molto. A proposito di look, H&M e Levi Strauss avevano lanciato i primi camerini virtuali, certo era ancora tutto non abbastanza aderente alla realtà, ma qualcuno ci stava provando, insomma. Si poteva scegliere la corporatura e i vestiti previsti nella collezione del momento e con H&M avevo raggiunto uno scontrino di ben 79.90€.

Weblin era divertente, non si poteva scegliere un granché, e non ci ho capito un granché, però mi divertiva vedere un piccolo avatar che passeggiava sulla barra di start di Windows, e mentre navigavo tra una pagina e l’altra, di tanto in tanto, l’avatar mi faceva qualche domanda di cortesia, ora esistono i chatbot.

La vera rivoluzione era Second Life, lì sì che Adidas, Nike, Armani, Prada, e tanti altri avevano aperto subito i loro store sull’isola “Best of Italian Style”, perché? Perché qui gli avatar erano fotonici! Si poteva cambiare aspetto, finanche i peli, le unghie e il riflesso dell’iride. Certo, se volevi una pelle dorata dovevi pagare anche 800 Linden Dollars, altrimenti indossavi la pelle base senza riflessi.

Anche la camminata aveva un costo e non poteva mancare per far sfilare l’avatar a Itland Fashion, perché ne valeva il punteggio più alto per vincere il concorso.

La Camera Nazionale della Moda aveva presentato il progetto “Incubator” per lanciare alcuni giovani brand durante la cerimonia di apertura virtuale della Fashion Week di Milano.

Non mancavano le riviste che raccontavano gli eventi della virtual reality, come “Second Style Magazine”, il parallelo virtuale di Style del Corriere della Sera.

Metaverso. Déjà vu

Cosa succederà adesso? La corsa all’investimento è partita, da qualche mese non si fa altro che parlare di Metaverso e investimenti.

Balenciaga ha annunciato la nascita di una business unit che pone l’attenzione sul Metaverso, Benetton e altri brand stanno già estendendo l’applicazione dei marchi sui prodotti virtuali, Dolce & Gabbana e Unxd nel progetto #DGFamily hanno realizzato Genesi, la prima collezione di Nft (Non-fungible token, ovvero certificati “di proprietà” su opere digitali) di lusso che propone sia opere digitali che fisiche, in una vera osmosi tra reale e metaverso.

Fausto Puglisi con Cavalli Mansion lancia una linea visibile e acquistabile nella casa virtuale, che offre un’esperienza immersiva, interattiva e innovativa, ispirata al gaming. Nike ha già annunciato Nikeland e LVMH ha già la sua virtual ambassador (potranno tremare anche gli influencer? Non credo).

Questa volta però, a differenza di ciò che avveniva in Second Life, i dati del coinvolgimento degli utenti saranno tutti tracciati ai fini del marketing. I dati aggregati saranno funzionali alle campagne di advertising online.

Non bisogna dimenticare che il Metaverso è Meta, il vecchio Facebook.

Fa quasi impressione definirlo “vecchio”, ma è così, in un mondo che corre all’impazzata, il futuro è già presente e l’annuncio del cambio di nome, fatto qualche mese fa, sembra ormai risalire ad anni fa.

Già si prospettano investimenti per miliardi di dollari entro il 2030, non è mancata l’organizzazione della Metaverse Fashion Week dal 24 al 27 marzo 2022 su Decentraland, rappresentando un ulteriore passo verso un graduale e rivoluzionario cambiamento del fashion show, che diventa sempre più ibrido.

Eppure, tra nuovi contenziosi legali, per la similarità delle opere proposte, e un generale calo delle ricerche online della parola chiave “Metaverso”, i pareri rimangono discordanti sul vero successo che potrà avere questa realtà parallela.

Il fascino per il virtuale ha sempre una forte carica emotiva, ma, questa volta, dovrà fare i conti con la GDPR (General Data Protection Regulation) e la protezione dei dati personali, con le violazioni di copyright e con una nuova percezione del web da parte degli utenti.

1 COMMENTO

  1. In effetti l’affermazione “Il labile confine tra mondi: doppi elettronici nella vita quotidiana” era .. profetica! Complimenti vivissimi!!
    Su Decentraland mi pare difficile avere, almeno rebus sic stantibus, opinioni diverse da quelle della bravissima Autrice.
    Sulle tutele del GDPR sono parimenti d’accordissimo (me ne occupo..).
    Una “nuova percezione del web da parte degli utenti” sarebbe più che auspicabile, ma personalmente temo sia l’obiettivo più impegnativo, nonostante le non poche possibilità, per chi voglia, di “evolvere” sia nelle proprie conoscenze che attitudini, atteggiamenti e abitudini riguardo al web.

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